Pubblicato in: Country, Pop

AMERICA, la band sulle tracce del cavallo senza nome

di Roberto Sonego 24 gennaio 2011
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Come sia possibile che un duo di bravi americani con i loro visi acqua e sapone e la loro musica iper-commerciale abbia potuto dominare la scena musicale americana per trent’anni? Proprio per quei due motivi. Gerry Beckley e Dewey Bunnell con l’aggiunta di Danny Peek hanno sempre fatto una musica così perfetta in ogni nota, così rilassante e così coinvolgente da far esclamare: che fastidio, non hanno difetti!! E difatti gli America, al pari degli Eagles e pochi altri hanno saputo per tanti anni mirabilmente raccontare la West Coast, la Route 66, la sensazione del vento tra i capelli alla guida di una decapottabile lungo le infinite strade americane. Si ascoltano gli America e si vive l’America. Punto.

Tutto perfetto tranne il fatto che gli America nacquero a Londra a metà degli anni 60 dove tennero i primi concerti nel periodo e nei luoghi in cui nacquero e suonarono anche i Pink Floyd.

Dal momento che in trent’anni di carriera gli America hanno pubblicato praticamete un album all’anno mi perdoneranno i loro estimatori (come il sottoscritto, d’altronde) se trascurerò di nominare buona parte dei loro lavori. Come molti altri gruppi il disco d’esordio ebbe il nome del gruppo e vide la luce nel 1971. Questo cd ebbe una curiosa storia: venne pubblicato senza A Horse With no Name e passò praticamente inosservato in Europa.

Il produttore degli America convinse in seguito il trio ad incidere la canzone e ad inserirla nello stesso album per il mercato americano. E proprio grazie a questa canzone America venne trasformato in un successo mondiale con record di vendite dappertutto.

Le qualità del gruppo vennero ancora di più evidenziate quando uscì la meravigliosa Ventura Highway l’anno successivo che venne inclusa in Homecoming. La popolarità degli America era inevitabilmente destinata ad avere un cammino direttamente proporzionato alla qualità della musica da loro proposta; musica sì commerciale e di facile ascolto ma con una grande capacità di far sognare ad occhi aperti che, sinceramente, è la prerogativa solo di pochi gruppi nella storia della musica.

Con George Martin, il produttore di molti lavori dei Beatles, gli America pubblicarono il quarto, Holiday e nel successivo album del 1975 si può trovare Sister Golden Hair, per quanto possa interessare, di gran lunga la mia preferita.

Gli America diventarono di fatto un vero e proprio duo solo nel 1977 con l’addio di Dan Peek lasciando ai soli Beckley e Bunnell alla composizione di ben altri 20 cd con straordinarie hits come You Can do Magic e Survival solo per rendere l’idea. Ecco, ora nella media degli articoli ci si aspetta che il gruppo abbia un calo di notorietà e di produttività fino allo spegnimento, come una candela che dopo aver bruciato tutta la cera si attenua per poi esaurirsi. Colpo di scena, invece perchè non solo non hanno mai smesso di girare il mondo con i loro concerti ma nemmeno hanno mai fatto pubblicare il classico flop o album di scarsa inventiva che capita nel 99% dei casi. Ed ora ancora stupiscono tutti quelli che li vanno a guardare a che sono i fortunati a poter assistere ai loro concerti.

…e la favola continua, in groppa al cavallo senza nome…

Il sito ufficiale degli America

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Una replica a “AMERICA, la band sulle tracce del cavallo senza nome”

  1. sabrina ha detto:

    (come promesso) WOW! Che bel bagno di gioventù! Bravo, mi hai fatto ricordare l’adolescenza ed i vent’anni. Accenni a corse in auto con il vento fra i capelli. Beh a me hai fatto ricordare galoppate in sella ad una moto, libertà, il rombo di un motore sotto il sedere, il vento sulla faccia. Grazie!