Emerson, Lake and Palmer, fenomeni del Progressive Rock

di Roberto Vanazzi 8 aprile 2010
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Con il termine, non molto bello a dire il vero, di “supergruppo” si definiscono quelle band dove si ritrovano musicisti particolarmente abili con il proprio strumento e già noti nell’ambito della scena musicale. Basti pensare ai Cream, ai GTR di Steve Hakett e Steve Howe, ai Bad English, a Crosby Stills Nash & Young, agli Asia e agli ultimi nati Them Crooked Vultures di John Paul Jones, l’ex Nirvana David Grohl e Josh Homme dei Queens Of The Stone Age.
A mio modesto giudizio però, il più famoso di tutti è stato ELP, acronimo di Emerson, Lake and Palmer.

Keith Emerson, funambolico tastierista dei Nice, l’ex chitarrista dei King Crimson Greg Lake e l’eccezionale batterista Carl Palmer, che aveva suonato per gruppi progressive quali Crazy Worl Of Arthur Brown e Atomic Rooster, si sono incontrati a Londra nel 1970 e hanno deciso di unire le forze per formare una band d’alto rango.
I tre hanno debuttato quello stesso anno al Festival sull’Isola di Wight, suscitando grande scalpore per la loro esibizione pirotecnica e le notevoli qualità tecniche. La musica proposta, una miscela di Rock, Classica, Fusion, Jazz e altri generi ancora, era una piacevole novità per quel periodo.

Sfruttando la propria fama individuale per fare notizia, gli ELP erano già proiettati verso la leggenda ancora prima dell’uscita del disco d’esordio. Questi è stato dato alle stampe sempre nel 1970 e s’intitola semplicemente Emerson, Lake & Palmer. In breve tempo il lavoro ha raggiunto un onorevole quarto posto nella classifica inglese, spinto dal singolo Lucky Man, composto da Lake ai tempi dei King Crimson, grazie al quale si è aperta da subito anche la porta del mercato americano.
Gli altri brani da segnalare sono i 12 minuti di Take A Pebble, i tre movimenti di The Three Fates, nei quali Emerson si destreggia superbamente prima con un organo da chiesa e poi con il pianoforte, e la più rock di tutto l’album, Knife Edge.

Soltanto 4 mesi più tardi ecco uscire nei negozi Tarkus, che ha portato il gruppo in cima alla Hit Parade. La title track, una lunghissima suite di 20 minuti divisa in 7 parti, è decisamente il cardine del disco. Personalmente a me piacciono pure la rockeggiante A Time In A Place e il pezzo pianistico Infinite Space.

Picture An Exhibition, datato 1971, altro non è che la rivisitazione in chiave progressive rock, registrata dal vivo, dell’omonimo capolavoro di Modest Mussorgsky, ben amalgamato a brani originali del trio come The Sage e la splendida Blues Variations. Uno dei pezzi forti rimane comunque la sbarazzina Nutrocker, cover di Kim Fowley, che chiude il lavoro.

Nonostante qualche mugugno da parte della critica, i voli pindarici di Keith Emerson sui tasti del suo sintetizzatore Moog, la voce, la chitarra e il basso di Greg Lake e la perfetta macchina ritmica impostata da Carl Palmer, hanno reso il gruppo il fenomeno musicale di quel decennio.
Sulla scia del successo poi, l’organizzazione attorno ai tre era diventata addirittura colossale e gli ELP hanno iniziato a viaggiare con un’incredibile quantità di apparecchiature al seguito.

Il quarto album, del 1972, s’intitola Trilogy, e il singolo da esso estratto, From The Beginning,  risulterà essere il loro 45 giri più venduto. Molto belle anche la suite sinfonica The Endless Enigma, divisa in tre parti, dove la seconda è una splendida fuga col pianoforte di Emerson, Hoedown, dotata di una intro scoppiettante, e l’elaborata Trilogy. Ultimo pezzo dell’album è Abandon Bolero, costruita da Keith sulla falsariga del Bolero di Ravel.

L’anno successivo gli ELP hanno inaugurato una loro etichetta discografica, la Manticore, alla quale hanno aderito anche gruppi italiani quali la P.F.M. e il Banco.

Con la Manticore il trio ha immesso sul mercato Brain Salad Surgery, a detta di molti il loro lavoro migliore. La suite in quattro movimenti Karn Evil 9 è senza dubbio il capolavoro, non solo del disco, ma dell’intero repertorio del trio. A seguire Toccata, riadattamento del 4° movimento del 1° Concerto per pianoforte di Ginastera, contenente un breve, ma intenso, assolo di batteria di Palmer, e l’opening track Jerusalem, riadattamento di un vecchio inno del compositore inglese Hubert Parry.

La gigantesca tournée mondiale che ne è seguita, durata due anni, è stata proposta su un triplo vinile intitolato Welcome Back My Friends, riprendendo la famosa frase del loro brano Karn Evil 9.

A quel punto però, si sono formate le prime crepe in seno al gruppo. La formula proposta non era più vincente e le loro incisioni hanno denotato stanchezza creativa.

Tutto ciò è evidente in Works, arrivato dopo una pausa di riflessione durata sino al 1977. Works è un doppio LP dove, però, tre facciate sono a nome individuale di ognuno dei componenti e solo la quarta è degli Emerson, Lake and Palmer.
Il disco è aperto dallo splendido Piano Concerto n°1 di Keith Emerson, un classico concerto per pianoforte e orchestra in tre movimenti.
Per quanto riguarda il lato dedicato a Lake, a me piacciono Hallowed be Thy Name e la romantica Nobody Loves You Like I Do.
Molto più duro, invece, lo spazio di Carl Palmer, a partire dall’epica The Enemy God Dances With the Black Spirits, tratta da una suite di Prokofiev. Quindi la scatenata Food For Your Love, dove Palmer non disdegna di mostrare le sue eccelse qualità dietro le pelli, per finire con Tank, ripescata dal primo album e arrangiata per batteria e orchestra.
In quella che su vinile è la quarta facciata ecco uno dei miei brani preferiti: Fanfare For The Common Man, del compositore contemporaneo Aaron Copland, usata spesso in televisione, soprattutto per eventi sportivi, grazie al suo incedere trionfale.

Lo stesso anno è uscito anche Works volume 2, assemblato con il materiale di scarto del precedente. A essere sincero i brani non sono granché, tranne la ballad chitarristica Watching Over You e la natalizia I Believe In Father Christmas, entrambe firmate da Lake.
Ben tre, invece, sono le tracce in cui Emerson si cimenta con il suo nuovo amore, il piano Honky Tonk.

Sempre nel 1977 un tour americano, che aveva come scopo quello di riportare in auge il nome del trio, si è rivelato un vero e proprio fallimento e, a seguito anche della debole accoglienza riservata al pessimo Love Beach, l’anno seguente gli ELP hanno dichiarato lo scioglimento.

I tre fenomeni hanno quindi intrapreso strade differenti. Keith Emerson si è dedicato a comporre colonne sonore (ad esempio Inferno di Dario Argento), Lake ha pubblicato un album solista e Palmer è entrato a far parte di un altro supergruppo: gli Asia.

Nove anni più tardi Keith Emerson e Greg Lake si sono ritrovati e hanno deciso di provare ad imbastire un nuovo album insieme. Non c’era però Carl Palmer e il suo posto è stato preso dall’ex drummer di Whitesnake, Rainbow e Black Sabbath, Cozy Powell.
Il lavoro intitolato Emerson, Lake and Powell, è di pregevole fattura, molto progressive, in cui spiccano i brani The Score, The Miracle e la rivisitazione del classico Mars (The Bringer Of War) del compositore inglese Gustav Holst.

Nel 1988 è tornato Palmer, ma se n’è andato Lake, e lo scarso To The Power Of Three, ha visto la presenza del polistrumentista Robert Berry al posto di quest’ultimo. La band, non potendo usare la sigla ELP, ha registrato sotto il nome di Three.
Del disco salverei solo Talking About e la suite in tre parti Desde La Vida.

Ancora una pausa, questa volta sino al 1991, quando cioè Emerson, Lake e Palmer si sono riuniti per incidere prima Black Moon e poi, nel 1994, In The Hot Seat. Fra i due il disco dal vivo Works Live.

Con Black Moon ormai il progressive è stato accantonato e il sound si è evoluto in un rock decisamente più orecchiabile per stare al passo con i tempi. Basti ascoltare la title track, che parla della prima guerra del golfo, e Paper Blood. Molto belle anche le ballate Affair To The Heart e Footpronts In The Snow, la strumentale Changing States e la rivisitazione di Romeo And Juliet di Prokofiev.

Per quanto riguarda l’ultimo disco, esso risente dei guai clinici sia di Keith Emerson, dolori al braccio destro, che di Carl Palmer, appena uscito da un’operazione al tunnel carpale. Lavoro di scarsa fattura, ha il pregio di presentare come bonus tracks la versione da studio di Picture An Exhibition.

Dal 1996 al 1998 il trio è stato on stage. Uno di questi concerti, quello di Montreux datato 1997, può essere visto ed ascoltato in un DVD. Poi le strade si sono nuovamente separate.

Un paio d’anni or sono è circolata con insistenza la voce dell’ennesima reunion degli ELP, ma poi non se n’è fatto nulla a causa di problemi di salute di Keith Emerson e di impegni inderogabili da parte di Palmer.
Sembra invece ufficiale la data del prossimo 10 luglio per un concerto all’High Voltage Festival di Londra, dove gli ELP sono in scaletta.

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Una replica a “Emerson, Lake and Palmer, fenomeni del Progressive Rock”

  1. Alby ha detto:

    Lake nei King Crimson era il bassisita! -.-