Pubblicato in: Pop, Rock e Punk

U2, per sempre nella storia del Rock

di Roberto Vanazzi 5 aprile 2011
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La leggenda continua da U2, la migliore rock band del pianeta

Con The Joshua Tree gli U2 sono arrivati per la prima volta a toccare il vertice delle classifiche inglesi e americane e, a quel punto, i quattro ragazzi hanno intrapreso un lungo tour mondiale durato da aprile a dicembre del 1987. Le avventure americane di quel viaggio sono state immortalate nel film Rattle & Hum, girato in bianco e nero dal regista Phil Joanou, e nell’omonimo doppio album. Nel disco si trovano brani dal vivo mescolati ad altri inediti, tutti legati alla tradizione americana. Da segnalare Desire, Angel Of Harlem, dedicata a Billie Holiday (“Lady Day ha occhi come diamanti. Lei vede la verità dietro le bugie”), la romantica All I Want Is You, l’intensa Heartland, omaggio alla natura degli Stati Uniti, When Love Comes To Town, con B.B. King a duettare con Bono, e God Part II, seguito di God, di John Lennon. Una canzone, Van Diemen’s Land, è stata scritta e cantata da The Edge. In Hawkmoon 269, invece, l’organo è suonato da nientemeno che Bob Dylan. Tra i pezzi dal vivo sono da segnalare la cover dei Beatles Helter Skelter e quella di Bob Dylan All Along The Watch Tower. Quindi una stupenda versione di I Still Haven’t Found What I’m Lookin’ For con accompagnamento di un coro gospel. Poi Silver And Gold, che presenta nel mezzo un infuocato discorso di Bono contro l’apartheid, terminante con la famosa frase “Ok Edge, play the blues!” e, infine, Bullet The Blue Sky, introdotta da The Star Spangled Bunner suonato da Hendrix a Woodstock.

Achtung Baby, rilasciato nel novembre del 1991, è un lavoro rivoluzionario, sia per quanto riguarda il sound sia per i testi proposti, molto meno impegnati e più rivolti all’ironia. Il titolo in tedesco è dovuto al fatto che l’album è stato registrato principalmente a Berlino, dove da poco era caduto il muro, e i brani sono influenzati parecchio dal clima di quel periodo. L’album, che si contende con The Joshua Tree il titolo di “miglior lavoro degli U2”, presenta una sequenza di perle incredibile: Even Better Than the Real Thing, l’elettronica The Fly, nella quale un uomo telefona dall’inferno e racconta ciò che ha imparato sull’umanità (“L’universo è esploso per la bugia di un uomo”), Mysterious Ways, che parla del dominio delle donne sugli uomini (“lei è l’onda. Lei cambia le maree”), UltraViolet, Who’s Gonna Ride Your Wild Horses, Acrobat, che parla delle insicurezze, la delicata Love Is Blindnes e, soprattutto, One, una delle canzoni più note del gruppo irlandese e dell’intero panorama musicale.


Tra le pause del mastodontico ZOOTV Tour, nel 1993 è nato quello che in un primo tempo doveva essere un EP, ma che poi si è trasformato nell’ottavo disco da studio degli U2: Zooropa. Le canzoni sono ormai lontane dal rock degli esordi e spostano ancora di più il tiro verso un suono futurista ed elettronico. Le più belle sono senza dubbio Stay (Faraway So Close), con quel coretto finale che dal vivo rende una meraviglia, Babyface, un lento che racconta del viso di una modella visto attraverso una foto (“guardando i tuoi occhi azzurri nel fermo immagine, li ho visti così tante volte, mi sembra di essere il tuo migliore amico”) e la delicata The First Time. Il disco è anche molto sperimentale: Lemon, ad esempio, è un ballabile eseguito da Bono in falsetto, mentre Numb è un pezzo paranoico cantato, anzi rappato da The Edge. A chiudere la track list The Wanderer, brano cantato dal re del country Johnny Cash.

È di quel periodo anche il duetto di Bono con Frank Sinatra in I’ve Got You Under My Skin, finito come lato B del singolo Stay.

A quel punto la band ha deciso di prendersi un meritato riposo e sono stati realizzati solo un paio di singoli per altrettante colonne sonore: In The Name Of The Father, per la pellicola omonima di Jim Sheridan, e Hold Me, Thrill Me, Kiss Me, Kill Me, per il film Batman Forever.

Nel 1995 i quattro U2 con l’aggiunta di Brian Eno hanno registrato sotto la sigla Passengers il disco omonimo. Si tratta di un album sperimentale, con i brani per metà strumentali e carichi di particolari sonorità elettroniche, frutto più che altro della mente di Eno. Da segnalare Miss Sarajevo, con Luciano Pavarotti, canzone contro la guerra in Bosnia, e Your Blue Room.

Due anni più tardi, esattamente il 3 marzo, in contemporanea mondiale è arrivato nei negozi Pop, il primo album dal 1984 senza Brian Eno. Il disco, prodotto da Howie B., è orientato verso il mondo della discoteca e della musica pop, anche se i testi sono comunque profondi e ispirati. Il brano più vicino ai canoni del vecchio stile U2 è Staring At The Sun. Degne di nota sono anche If God Will Send His Angels, Miami, The Last Night On Hearth e Please, a mio parere la canzone migliore dell’album, che parla nuovamente della questione irlandese. Certamente più dance e artificiose sono Discotèque, Do You Feel Loved? e Mofo, dedicata da Bono alla madre (“Madre, mi hai lasciato e hai fatto di me qualcuno”).

Bono

Dopo il faraonico Pop Mart Tour, gli U2 hanno dato alle stampe il singolo The Sweetest Thing, una rielaborazione di un loro stesso brano degli anni ’80, B-side a suo tempo di Where The Streets Have No Name. Il messaggio è semplice da comprendere: dopo le varie sperimentazioni elettroniche, con il nuovo millennio alle porte il gruppo intendeva tornare al suono del passato. E così è stato, ma prima c’è da segnalare l’uscita del film The Million Dollar Hotel, scritto da Bono e la cui colonna sonora è quasi per intero opera degli U2. Da essa è stato rilasciato il singolo The Ground Beneath Your Feet, brano di grande pathos, il cui testo deriva da un romanzo dello scrittore indiano Salman Rushdie.

Gli U2 hanno quindi richiamato Eno e Lanois e nell’ottobre del 2000 ha visto la luce All That You Can’t Leave Behind, un ottimo album che riporta il sound del gruppo ai tempi di Achtung Baby, cioè a un rock più semplice, raffinato e orecchiabile. I testi, come ha dichiarato Adam Clayton, questa volta sono meno poetici, ma più reali. Beautiful Day, Walk On, dedicato ad Aung San Suu Kyi, attivista politica dei diritti umani in Birmania (“Sii forte, vai avanti. Quello che possiedi non te lo possono rubare”), Elevation, Stuck in a Moment You Can’t Get Out Of, struggente omaggio al cantante degli INXS Michael Hutchence, deceduto nel 1997, Peace On Hearth, che racconta della bomba fatta esplodere dall’IRA in un supermercato di Omagh (“nessuno piange come piange una madre”), New York, la delicata Grace, sono altre gemme che si sono aggiunte alla vasta discografia dei quattro irlandesi.


Nel 2002 è stato rilasciato un doppio album, The Best 1990-2000, contenente un CD con i brani migliori più due inediti, Electrical Storm e The Hands That Built America (presente nella colonna sonora di Gangs Of New York), e un altro con canzoni che fanno parte della vasta schiera di B-Sides prodotti dalla band. Questi inediti sono diventati nel tempo veri e propri oggetti di ricerca da parte dei fans. Tra essi vi sono alcune cover famose: Dancig Barefoot (Patty Smith), Night And Day (Cole Porter), Satellite Of Love (Lou Reed), Unchained Melody (Righthouse Brothers), resa famosa dal film Ghost, Happiness Is a Warm Gun (Beatles), Painted Black (Rolling Stones) e Can’t Help Falling in Love (Elvis Presley). Quindi un numero impressionante di brani originali che evito di citare per ragioni di spazio.

Nel novembre del 2004, preceduto dall’energico singolo Vertigo, ecco How To Dismantle An Atomic Bomb. Si tratta di un disco pieno di passione, musicalmente in linea con il lavoro precedente, anche se più rock e meno pop. La mia canzone preferita è la ballata Sometimes You Can’t Make It on Your Own, dedica di Bono al padre morto nel 2001 (“Sei tu la ragione per cui canto. Sei la ragione per cui l’opera è dentro di me”). Miracle Drug, invece, riporta ai tempi di The Joshua Tree ed è un omaggio al poeta irlandese Christopher Nolan, compagno di scuola dei quattro U2. Nato con una paralisi celebrale, Nolan poteva muovere solo la testa e per scrivere utilizzava una tastiera speciale (“voglio fare un viaggio nella tua testa, per sentire le cose che non hai detto e vedere cosa potevi vedere”). Molto belle sono anche City Of The Blinding Light, che parla di New York, con un chiaro riferimento all’11 settembre, All Because Of You, la religiosa Yahweh (un altro salto nel passato ai tempi di The Joshua Tree), l’intensa A Man And A Woman, la delicata Original Of The Species e la già citata Vertigo.

Sempre nel 2004 la band è stata introdotta nella Rock’n’Roll Hall of Fame, mentre due anni più tardi ha fatto incetta di Grammy Awards vincendone addirittura cinque.

Arriviamo così al 2009, quando è uscito quello che fino a ora è l’ultimo lavoro da studio degli U2: No Line On The Horizon. I quattro ragazzi irlandesi, senza mostrare i loro 30 e passa anni di carriera, hanno regalato un disco più fresco che mai. L’album ha come filo conduttore l’oriente (non per nulla buona parte è stato registrato a Fez, in Marocco) e sembra contenere tutti i cambi di stile apportati dalla band nel corso degli anni. I brani migliori sono la title track, Magnificent, dove ad accompagnare la band c’è un gruppo di percussionisti marocchini, e Moment Of Surrender, pezzo di grande atmosfera che parla dell’impotenza dei tossicodipendenti di fronte alla loro dipendenza (“al momento della resa mi piegai in ginocchio. Non feci caso ai passanti e loro non notarono me“). Quindi Cedars Of Lebanon, che descrive in maniera suadente la vita di un soldato durante la guerra e la sua solitudine (“Ho il tuo viso qui in una vecchia polaroid“). Fez-Being Born, il brano più sperimentale del disco e non sarebbe sfigurato su Pop. Get on Your Boots, invece, è il pezzo più rock presente nella track list e racconta di quando Bono, in vacanza in Francia con la famiglia, ha visto gli aerei da guerra partire con destinazione Iraq. Stupenda anche la delicata ballata acustica White As A Snow, che raccoglie i pensieri di un soldato americano colpito a morte in Afghanistan.
Da notare che, per lanciare l’album, il gruppo si è esibito a Londra, sul tetto della BBC, con il chiaro intento di emulare i Beatles e il loro concerto sul tetto dell’allora Apple nel 1969.

Gli U2 in concerto sul tetto della BBC

Siamo ai giorni nostri, con un Bono Vox che nel 2010 è stato operato al nervo sciatico e ha dovuto rinviare l’ennesima, lunghissima tournée, la quale però ha avuto il suo corso, ha realizzato come sempre il sold-out a ogni data e ha toccato ancora l’Italia (Torino), paese che non hanno mai mancato di visitare dal 1985.

Che cosa dire ancora? Gli U2 ormai più che una band sono un mito. In oltre trent’anni di carriera hanno messo d’accordo tutti, con la loro miscela di rabbia e spiritualità, di energia e impegno sociale e, soprattutto, con la loro istrionica capacità di trasformarsi e adeguarsi ai tempi, a volte, magari, con qualche azzardo di troppo, ma senza mai abbandonare lo stile che li ha resi celebri. E non è un caso che questi quattro irlandesi abbiano polverizzato tutti i record di vendite, di presenze ai concerti e, perché no, di fatturato. Quello che mi piace pensare, però, è che il loro vero record è di essere rimasti insieme per tutto questo tempo. Diversamente da tante altre band, che cambiano formazione come si cambiano i vestiti, Bono, The Edge, Adam e Larry hanno navigato uniti da quando avevano 14 anni, senza rilevanti scossoni, senza crisi apparenti, senza mai finire nelle cronache dei tabloid per fatti negativi. E sono sicuro che in futuro sapranno regalarci ancora tantissime emozioni.

3.00 avg. rating (72% score) - 1 vote

2 risposte a “U2, per sempre nella storia del Rock”

  1. Sara ha detto:

    Amo gli U2 alla follia. Complimenti per la biografia, davvero ricca e completa.

  2. maristella ha detto:

    Sono d’accordo con Sara, davvero un ottimo lavoro!