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Il rock maestoso dei Queen

di Roberto Vanazzi 27 luglio 2011
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Un amico, che di musica a dire il vero capisce proprio poco, tanto da attribuire Smoke On The Water ai Pink Floyd, un giorno ha detto una frase che mi ha fatto pensare: “I Queen non hanno sbagliato una sola canzone!”. Naturalmente non è vero, la perfezione non esiste, però il gruppo di Mercury ha scritto una serie così impressionante di hit e talmente tante canzoni che rimangono in testa da sembrare davvero di non avere mai sbagliato un colpo.

Il gruppo è nato in Inghilterra nel 1971, quando il chitarrista Bryan Harold May e il batterista Roger Meadows-Taylor, entrambi membri degli Smile, si sono uniti in  nuovo progetto al cantante Farrokh Bulsara, in arte Freddie Mercury, e al bassista John Deacon. Nei due anni seguenti i ragazzi, che avevano assunto il nome di Queen, hanno sovrapposto una tiepida attività concertistica ai rispettivi corsi universitari.

Nel 1973, dopo essere stati messi sotto contratto dalla EMI, finalmente i Queen si sono fatti conoscere con l’omonimo album, nel quale è pagato pegno ai Led Zeppelin, tenendo però un piede nell’ambito del glam metal, soprattutto con l’atteggiamento androgino e sempre al limite della provocazione di Mercury. Il pezzo portante, e primo singolo immesso sul mercato dalla band, è la bella Keep Yourself  Alive, un hard rock melodico ancora un po’ acerbo, che da il via alla scalata del gruppo verso la fama mondiale. Sul disco, da ascoltare, ci sono anche la dura Liar, Son And Daughter, brano influenzato dall’heavy metal, Modern Times Rock’n’Roll, cantato da Roger Taylor, My Fairy King, un rock progressivo che contiene molte sovra incisioni di voci e armonie vocali a presagire il tempo che verrà, Great King Rat, Doing All Right, ripescata dal repertorio degli Smile, e la ballata The Night Comes Town.

Il primo vero hit della band è stato Seven Seas Of Rhye, tratto dall’LP Queen 2, del 1974. Una forma embrionale e strumentale del brano era già presente nell’album precedente e questa volta, arricchito e ri-arrangiato, il pezzo ha fatto bella mostra di se nelle radio, creando entusiasmo attorno al gruppo e spingendo l’album in alto nelle hit. Queen 2 è diviso in due parti ben distinte, lato bianco e lato nero, come a dire il bene e il male. Il primo è stato composto da Brian May ed è una chiara dimostrazione della sua notevole abilità con la Red Special (la chitarra da lui stesso costruita con l’aiuto del padre) a partire dall’opening track Procession, per poi proseguire con Father And Son, la lenta White Queen (As It Began) e Someday One Day. Sull’altro lato fa da contraltare la voce limpida di Mercury, come nella stupenda The March Of The Black Queen, nella barocca The Fairy Feller’s Masterstrocke, con tanto di clavicembalo, e nella già citata Seven Seas Of Rhye.
Al disco è seguito un tour Americano come spalla dei Mott The Hopple.

Al termine del 1974 il singolo Killer Queen ha toccato i vertici delle classifiche britanniche e l’album Sheer Heart Attack è diventato Disco d’Oro in America. L’LP presenta una grande varietà di stili e il sound si è fatto più orecchiabile. Oltre a Killer Queen sono proposti una serie di ottimi brani: la metallara Stone Cold Crazy (della quale esiste anche una cover dei Metallica), scritta da Freddie ai tempi in cui militava nei Wreckage, Now I’m Here, Brighton Rock, dotato di uno stupendo assolo di chitarra in cui è sfruttato l’effetto echo-delay (effetto eco), la sinfonica She Makes Me e il cameo pianistico Dear Friends. Tra la sequela di brani di Mercury e di May ecco insinuarsi Tenement Funster, scritto interamente da Taylor, con la chitarra suonata da Deacon in quanto registrato mentre May si trovava ricoverato in ospedale. Il lavoro si chiude con The Laps Of God…Revisited, che con i suoi epici cori da stadio è un preludio a quello che sarà poi We Are The Champions.

Da questo momento sino alla fine della loro gloriosa carriera i Queen sono diventati una delle formazioni più popolari, merito del sound pomposo, orecchiabile, elaborato, che ha nelle intricate armonie vocali il proprio punto di forza. Un tour europeo, completamente sold out, poi uno in America e in Giappone, hanno portato la Regina ai vertici della musica.

Il grande successo a livello mondiale è arrivato nel 1975 con A Night At The Opera, lavoro ambizioso ed eclettico dove spicca la stupenda Bohemian Rhapsody, lunga suite di vago sapore operistico nella quale la voce di Mercury è sovra incisa quasi 200 volte, dando l’idea di un vero e proprio coro. Il brano è diviso in varie sezioni ben distinte, che passano dalla durezza del rock a toni da melodramma, senza un ritornello. Ma A Night At Opera non è solo Bohemian Rhapsody. The Prophet’s Song è un’altra fantastica suite, scritta da May, che con i suoi 8 e passa minuti è il pezzo più lungo inciso dai Queen. La delicata You’Re My Best Friend, composta da Deacon, presenta un bel dialogo tra pianoforte e chitarra sopra il quale volteggia la voce di Freddie, ancora sovra incisa più volte. Quindi, la romantica Love Of My Life, secondo il mio parere la migliore ballata dei Queen, la graffiante I’m In Love With My Car, partorita da Taylor, il fragoroso brano d’apertura Death On Two Legs e la folk ‘39, dove la chitarra elettrica imita il violino.

L’anno seguente i Queen si sono trovati ancora al primo posto della Hit Parade con l’album A Day At The Races e il singolo dall’andamento gospel Somebody To Love. Il disco è allineato con il predecessore e come quello ottiene un enorme successo. Tie Your Mother Down presenta un hard rock potente, mentre la canzone in 3/4 The Millionaire Waltz è un rock sinfonico che segue la falsariga di Bohemian Rhapsody. Altri pezzi importanti sono Long Away, la sbarazzina Good Old-Fashioned Lover Boy e la corale Teo Torriatte, con tanto di strofa in giapponese.

Da notare che entrambi gli album, A Night At The Opera e A Day At The Races ripropongono i titoli di due celebri film dei fratelli Marx.

Nel 1977, dopo un tour in terra americana terminato con un trionfo al Madison Square Garden di New York, i Queen hanno finalmente potuto affermare di avere conquistato anche il popolo a stelle e strisce. È il punto più alto della band di May e Mercury la quale, in barba alla furia del neonato punk che sta devastando il mondo della musica, continua nella sua marcia abbattendo record su record. Il nuovo album, intitolato News Of The World, non fa altro che mantenere lo status quo e il binomio We Will Rock You – We Are The Champions riempirà gli stadi di tutto il mondo sino ai giorni nostri. Il primo è un inno rock basato sul battito ritmico di mani e piedi, orecchiabile e potente, mentre il secondo è una ballata hard che sfodera un ritornello magniloquente. Il disco prosegue con la dura Sheer Heart Attack, che doveva essere la title track dell’album omonimo, ma per ragioni di tempo non era stata inclusa. Quindi Fight From The Inside, la malinconica Spread Your Wings e la bella It’s Late.

Il disco successivo, Jazz, è stato rilasciato nel 1978 e propone ancora altri hit accattivanti, come sempre ricchi di cori a cappella destinati a rimanere nella testa dell’ascoltatore. Fat Bottomed Girls, Bicycle Race, con tanto di scampanellio, e l’allegra Don’t Stop Me Now su tutte. Poi le rockeggianti If You Can’t Beat Them e Dead On Time e lo swing di Dreamer’s Ball. Purtroppo la varietà di stili ha fatto si che il lavoro abbia subito forti critiche e, nonostante la risposta favorevole dei fans, è ritenuto inferiore ai predecessori.

I Queen si sono rifatti comunque nei sontuosi concerti in giro per il mondo, dove i biglietti invenduti sono sempre stati ben pochi. On stage il gruppo offriva spettacoli memorabili, ricchi di effetti pirotecnici e con un Mercury a infuocare le platee, dimostrando di essere il migliore animale da palcoscenico del pianeta. Ed è stato giusto quindi immortalare questi momenti con il primo disco dal vivo: Live Killers. Si tratta di uno stupendo doppio album che segna la fine degli anni ’70 e saluta il modo di fare musica con cui il gruppo si è dilettato sino allora. Con il progredire del tempo, infatti, il sound della band si stava lentamente staccando dall’hard facile e d’effetto degli inizi, spostandosi verso un pop ballabile e inclinato a melodie stucchevoli. Il gruppo, poi, ha iniziato a introdurre nelle loro canzoni anche il sintetizzatore, sino a quel momento volutamente snobbato.

Il nuovo decennio è stato aperto da The Game, il primo lavoro dei Queen a raggiungere la posizione numero uno sia nelle classifiche inglesi sia in quelle americane. Come detto il lavoro ha apportato la grande novità dell’elettronica, che ha introdotto nel sound anche un’impronta di musica Disco. L’esempio più vivido è Another One Bites The Dust, scritta da Deacon su un famoso giro di basso in chiave funky. Il vecchio stile orecchiabile e corale si può ascoltare in Play The Game e nella ballad Save Me, mentre Crazy Little Thing Called Love è un tributo di Mercury al rock anni ’50. Da segnalare anche Need Your Lovin’ Tonight, Rock It e Sail Away Sweet Sister.
È avvenuto qui anche il cambio di look da parte di Mercury, il quale da questo momento avrà capelli corti e baffi.

Lo stesso anno il gruppo inglese ha registrato la colonna sonora del film di Mike Hodges Flash Gordon, primo album a non guadagnare il Disco d’Oro. Il lavoro è farcito di musiche strumentali, condite con dialoghi tratti dal film. Le uniche due canzoni vere e proprie sono Flash’s Theme e The Hero.

Il passo seguente di questi campioni d’incassi è stato la pubblicazione di Greatest Hits (seguito dal video Greatest Flix e dal libro fotografico Greatest Pix). Il disco, che raccoglie tutti i più grandi successi dei Queen dal 1973 al 1981, ha stazionato per 165 settimane nelle classifiche.
Il singolo Under Pressure, registrato con David Bowie, e un concerto a San Paolo del Brasile di fronte a 130mila persone hanno completato una stagione magica per i quattro ragazzi, il cui successo ha assunto quasi dei toni trionfali. Il tutto nonostante la critica storcesse puntualmente il naso e i giornali s’imbizzarrivano sulla figura di Freddie Mercury. Era lui, infatti, a fare notizia, con atteggiamenti oltraggiosi, il gusto per i travestimenti e le allusioni omosessuali.

Nell’aprile del 1982 è approdato nei negozi Hot Space, album che ha portato in classifica, oltre Under Pressure, anche Body Language e Las Palabras De Amor, primo accenno alla passione di Freddie per la musica spagnola. Il disco contiene anche Life Is Real, una ballad acustica dedicata a John Lennon. Per la prima volta il gruppo non ha proposto un lavoro variegato, ma è stata mantenuta nei brani una certa omogeneità. Il genere predominante è il funky, con il sintetizzatore diventato ormai uno strumento insostituibile, tanto che dal vivo i quattro si sono fatti affiancare da Morgan Fisher, ex tastierista dei Mott The Hopple, che conosceva May e Taylor per avere militato negli Smile.

Hot Space non ha ricevuto i consensi sperati, così per tutto il 1983 i Queen non hanno svolto alcuna attività live: è stata la prima volta da quando sono nati. Lo stop è servito ai quattro per concentrarsi su lavori individuali, come la partecipazione di Mercury alla colonna sonora del film Metropolis, nella nuova versione proposta da Giorgio Moroder, con il brano Love Kills.

Proprio alcuni spezzoni di Metropolis sono stati usati per promuovere il nuovo singolo Radio Ga Ga, che ha anticipato l’uscita di The Works.  Il disco ha visto un passo indietro nel sound del gruppo ed è tornato a regalare brani dai riffs graffianti, armonie corali orecchiabili e arrangiamenti maestosi, senza però dimenticare il sintetizzatore. Oltre alla futuristica Radio Ga Ga, che ha riportato il gruppo ai vertici delle classifiche, si ascoltano volentieri anche la sbarazzina I Want To Break Free, It’s A Hard Life, che inizia con l’aria pucciniana “Vesti La Giubba”, e le dure Hammer To Fall e Tir It Up, quest’ultima con un andamento che ricorda vagamente We Will Rock You.

Dopo avere compiuto concerti per la prima volta in Sudafrica (dove ancora era vigente il regime dell’Apartheid, fatto questo che ha causato parecchie critiche al gruppo) e Nuova Zelanda, nel corso del 1985 i Queen hanno suonato al Rock In Rio e a Wembley per il Live Aid. Da un punto di vista prettamente discografico Freddie Mercury ha rilasciato il suo primo album solista, Mr Bad Guy, mentre la band si è autocelebrata con l’antologia The Complete Works, composta da 14 LP, tutti quelli pubblicati sino a quel momento (compreso Live Killers) più uno contenente alcuni inediti, intitolato Complete Vision.

Nel 1986 è seguita la colonna sonora per il film Highlander, di Russel Mulcahy, i cui brani sono finiti per formare un LP intitolato A Kind Of Magic che, musicalmente parlando, riprende quanto fatto con The Works. La title track, One Vision, l’intensa Who Wants To Live Forever, Princess Of The Universe, la ballad con tanto di sax One Year Of Love, la corale Friends Will Be Friends e Pain Is So Close Pleasure, cantata interamente in falsetto, hanno portato ancora una volta la regina a volare alto.

Nei due anni seguenti è ancora Mercury a fare parlare di se con la cover di The Great Pretender, classico dei Platters, e con Barcelona, ibrido di rock e lirica, dove Freddie duetta con il soprano spagnolo Montserrat Caballé.

Nel 1989, dopo il secondo disco dal vivo Live Magic, sicuramente inferiore rispetto Live Killers, è arrivato nei negozi The Miracle, un lavoro registrato in un periodo piuttosto lungo a causa della scoperta da parte di Freddie di avere contratto il virus dell’HIV.
Grazie a brani quali la dura I Want It All, la sbarazzina in stile funky The Invisible Man, la pulsante Breakthru, che presenta un bell’assolo di basso, The Miracle e Was It All Worth It, la quale riporta l’orologio musicale dei Queen indietro agli anni ’70, l’album ha venduto molto bene e ha ricollocato in quota le azioni del gruppo anche negli Stati Uniti, dove recentemente erano andate a fondo.

L’assenza di un tour a sostegno del disco non ha fatto che alimentare le insistenti voci di un Freddie Mercury ammalato di AIDS, notizia sempre smentita dal frontman.

Alla fine del 1989 è uscito Queen At The Beeb, registrato in due sessioni negli studi della BBC.

Nel 1991, anticipato dai singoli Innuendo (in Europa) e Headlong (negli Stati Uniti), è uscito l’album Innuendo. Si tratta di un lavoro bellissimo, probabilmente il migliore da parecchio tempo a questa parte, pervaso, però, dalla tristezza per lo stato di salute di Freddie. Il pezzo forte è la title track, un’opera rock spagnoleggiante con la struttura simile a Bohemian Rhapsody. Quindi l’elettrica Headlong, la struggente These Are The Days Of My Life e la metallara The Hitman. E ancora I’m Going Straight To Mad, Ride The Wild Wind, la corale I Can’t Live Witht You e, naturalmente, la famosa The Show Must Go On, una sorta di premonizione in note e accordi scritta da May. Il disco si è piazzato in vetta a parecchie classifiche europee ed è entrato nella top 30 in quella americana, ma l’ombra della fine imminente aleggiava cupa sopra il gruppo.

I Queen sono volati a Montreux, sul lago di Ginevra, dove hanno scritto qualche brano per il nuovo album. Nel frattempo è stato registrato il documentario che ripercorre la loro storia, Days Of Our Lives, ed è stato immesso sul mercato il Greatest Hits II, seguito dalla raccolta video Greatest Flix II. Il disco è arrivato in breve tempo al numero uno delle hit parade.

Il 23 novembre 1991 Freddie Mercury ha annunciato al mondo di essere ammalato di AIDS. Il giorno seguente, a causa di una broncopolmonite causata dal virus HIV, il cantante ha terminato la sua vita terrena: aveva 45 anni. La notizia ha fatto il giro del mondo e da ogni parte sono arrivati messaggi di cordoglio e tributi. May, Taylor e Deacon, scossi dal lutto, si sono ritirati dalle scene per riflettere sul da farsi.

Il 20 aprile del 1992 a Wembley è stato tenuto un concerto per commemorare Freddie, con i migliori nomi del rock mondiale che si sono susseguiti sul palco per rendere l’ultimo tributo al cantante con la musica dei Queen. L’evento è stato seguito in televisione da un miliardo di persone.

È brutto a dirsi, ma la morte di Mercury ha scatenato nel mondo un’onda di Queen-mania e a quel punto sono iniziate le speculazioni. A cavalcare l’onda per prima è stata la EMI, che ha pubblicato Live At Wembley, un doppio disco che ripropone il concerto tenutosi nel 1982 a Londra, durante il Magic Tour.

Nel 1993, gli altri tre Queen hanno musicato le parti vocali che Freddie aveva registrato prima di lasciarci e questi, uniti a dei pezzi inediti, hanno formato l’album Made In Heaven. I brani, per così dire, assemblati sono A Winter’s Tale, Mother Love e You Don’t Foool Me. Le altre sono canzoni di qualche anno prima, riprese e coperte di una patina tutta nuova, come ad esempio la bella Let Me Live, registrata durante le session dell’album The Works insieme a Rod Stewart (sostituito sull’album da Taylor), oppure I Was Born To Love You, tratta dal disco solista di Mercury, Mr.Bad Guy, e riarrangiata in maniera più rockettara. Too Much Love Will Kill è un inedito dei tempi di The Miracle e Heaven For Everyone è un pezzo del gruppo parallelo di Taylor, The Cross, il quale aveva invitato a suo tempo Mercury a prestare la voce.

La storia a mio parere avrebbe potuto, anzi, dovuto terminare qui. Invece, accompagnati alla voce da cantanti che di volta in volta si prestavano a sostituire Freddie (George Michael ad esempio), senza mai riuscire a entrare pienamente nella parte, i Queen hanno proseguito sulla loro strada fatta di eventi live, tributi, autocelebrazioni e dischi di antologie, come il Greatest Hits III.
Il primo dei tre superstiti a stancarsi di questo gioco è stato Deacon, il quale nel 1997 ha detto stop e si è ritirato dalle attività.

Nel 2004, sulla scia dell’ennesimo disco nostalgico, Queen On Fire-Live At The Bowl, storia di un concerto del 1982, May e Taylor hanno dato l’annuncio di un imminente ritorno on stage in compagnia del cantante inglese Paul Rodgers, ex Bad Company. John Deacon ha rifiutato la reunion e il basso è passato nelle mani di Danny Miranda, ex Blue Oyster Cult. Altri membri aggiunti sono stati il tastierista Spike Edney, già con Taylor nei The Cross, e il chitarrista Jamie Moses, che aveva suonato nella Brian May Band.

Paul Rodgers e Brian May

Con il nome di Queen + Paul Rodgers (a indicare che, in fin dei conti, Freddie Mercury era insostituibile) il nuovo gruppo è partito per un tour che ha toccato anche l’Italia. La coincidenza del concerto romano con la morte di Papa Giovanni Paolo II ha procurato non poche polemiche sul fatto che doveva essere annullato. Quello di Sheffield, invece, è scaturito in un doppio live dal titolo Return Of The Champions, dove la voce, bella fin che si vuole, del nuovo singer male si adatta a interpretare i brani che furono di Freddie, lasciando un po’ l’ascoltatore disorientato. Se c’era bisogno di una conferma che il grande Mercury è stato un cantante inimitabile, questo disco ne è la dimostrazione perfetta.

Non ancora appagati, May e (nuovi) soci nel 2008 hanno inciso un disco con materiale originale, intitolato The Cosmos Rock. Grazie alla curiosità il disco ha ottenuto vendite discrete, ma di certo parecchio sotto le aspettative. Tra i brani, l’intro di Cosmos Rockin’ ricorda un po’ quello di One Vision, mentre Still Burning è il classico pezzo da cantare all’unisono durante il concerto, stile We Will Rock You. Quindi la ballata pianistica Song Things That Glitter composta da May, e C-Lebrity, di Taylor, che vede come voce aggiunta quella di Taylor Hawkins, batterista dei Foo Fighters. Tra i pezzi composti da Paul Rodgers cito la pacifista Warboys.

Terminato il tour promozionale, nel 2009 i Queen e Paul Rodgers si sono separati. Lo stesso anno è uscita l’ennesima raccolta, Absolute Greatest.

A marzo di quest’anno i Queen hanno partecipato alla compilation Songs For Japan, un disco per raccogliere fondi a seguito del terremoto. May e Taylor hanno inserito Teo Torriatte, presente su A Day At The Races, rimasterizzata per l’occasione.
Nel frattempo Paul Rodgers ha dichiarato che in futuro non è da escludere un suo ritorno con gli ex compagni per un tour.

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