Pubblicato in: Rock e Punk

La carriera di platino dei Journey, colossi dell’AOR

di Roberto Vanazzi 8 maggio 2010
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Dalla metà degli anni ’70 e per tutti gli ’80, negli Stati Uniti andava di moda un tipo di Rock melodico, costituito da brani potenti ma sempre orecchiabili, ballate sdolcinate, con una forte presenza delle tastiere, schitarrata al momento giusto e voce limpida sostenuta da cori accattivanti. Una sorta di Hard di classe, destinato ai passaggi radiofonici e da ascoltare durante i viaggi in automobile. Sotto il nome di AOR, acronimo di Album Oriented Rock (o anche Adult Oriented Rock), il movimento ha visto crescere band che, pur facendo storcere qualche naso, si sono ricavate una bella nicchia nella storia della musica, vendendo milioni di dischi e attirando ai loro concerti folle oceaniche. Parlo degli Styx, dei Boston, dei Foreigner, dei Kansas e, soprattutto, degli imperatori di questo genere, i Journey.

Nella San Francisco del 1973, due musicisti di Carlos Santana, il promettente chitarrista Neal Schon e il tastierista-cantante Gregg Rolie, si sono uniti a Ross Valory, bassista della Steve Miller Band, al batterista dei Tubes Prairie Prince e a George Tickner per formare una band. Prince ha dato subito forfait e nel 1974, al suo posto, è entrato Aynsley Dunbar, che aveva alle spalle collaborazioni preziose con Frank Zappa, John Mayall, Jeff Beck e David Bowie.

Nel 1975 l’esordio discografico con la Columbia. Nell’’album, intitolato semplicemente Journey, il gruppo ha messo in mostra un rock potente e progressivo, con qualche venatura di fusion, basato soprattutto sugli assoli di Schon.

Appena dopo l’uscita di Journey, Tickner ha abbandonato il gruppo per dedicarsi alla carriera di chirurgo. Il gruppo ha proseguito quindi come quartetto, realizzando due album, il discreto Look Into The Future e il mediocre Next.

Nel 1977 l’arrivo di Steve Perry, vocalist dalla voce cristallina, ha liberato Rolie dall’incombenza del canto e ha fatto compiere un notevole salto di qualità ai Journey.

Il primo disco con la nuova line-up è stato Infinity. Il lavoro, grazie a brani come la splendida Lights, le sbarazzine Wheel In The Sky e Feeling The Way, che contiene un buon assolo di chitarra, Anytime, col suo coro intrigante da cantare all’unisono dal vivo, le ballads Patiently e Something To Hide e la strumentale Winds Of March, ha raggiunto vendite eccezionali e si è guadagnato il platino.

Con la svolta sempre più verso il commerciale sono nati però anche i primi contrasti interni, e nel settembre dello stesso anno Aynsley Dunbar se ne è andato sbattendo la porta, per finire come drummer dei rinati Jefferson Airplane, allora Jefferson Starship.

Dietro le pelli è arrivato Steve Smith, e con lui i Journey sono diventati sempre più un fenomeno di massa, anche se ancora racchiuso nei confini della Madre Patria.

Nel 1979 è stato dato alle stampe Evolution, che non aggiunge niente di nuovo al sound del predecessore. Le canzoni cardine sono senz’altro Too Late, Sweet And Simple, il pezzo in cui è maggiormente valorizzata la voce di Perry, le più dure When You’re Alone e Lovin’ You Is Simple e, soprattutto, Lovin’ Touchin’Squeezin’.

L’anno seguente è stata la volta di Departure, che si apre con la scatenata Anyway You Want It, brano di grande impatto durante i concerti. Quindi, segnalerei le rockettare Where Were You e Homeday Love e la power-ballad Stay Awhile.

Nel 1981 è uscito anche il primo lavoro dal vivo, Captured, registrato durante il tour del 1980.

Lo stesso anno i Journey sono arrivati all’apice della loro carriera. Parte del merito è da attribuire all’ingresso dell’ottimo Jonathan Cain al posto del dimissionario Rolie. Il primo album con il nuovo tastierista è stato, nel 1981, Escape, che con i suoi 9 Dischi di platino è senza dubbio il più prolifico della band californiana. Esso si apre con un altro singolo di successo, Don’t Stop Believe In, per proseguire con il rock melodico di Who’s Crying Now, la dolce Still They Ride, la ruvida Keep On Running e, a chiudere, la ballad più bella dell’intera discografia dei Journey, Open Arms.

Nel 1983 è uscito Frontiers, che presenta la solita manciata di splendidi pezzi in pieno AOR style, Separate Ways (World’s Apart), Chain Reaction e Only The Young, e un paio di brani d’atmosfera quali Faithfully e Send Her My Love. La canzone più rock dell’album, dove si può ascoltare un buon lavoro di batteria e chitarra, è Back Talk, mentre la mia preferita è After The Fall.
Questo album, al contrario di Escape, ha realizzato “soltanto” 6 Dischi di platino.

Il lavoro seguente è arrivato 3 anni più tardi, nel 1986. Si tratta di Raised On Radio. Il cantante Steve Perry ha qui cominciato ad assumere maggiore controllo sulla direzione della band e, come prima cosa, ha cacciato Ross Valory e Steve Smith, contro la volontà del manager Herbie Herbert. I due sono stati momentaneamente sostituiti da una serie di musicisti, fra i quali il bassista Randy Jackson, che troviamo anche in una precedente collaborazione con Zucchero.
I barani migliori, secondo me, sono la ballad Why Can’t This Night Go On Forever, l’opening track Girl Can I Help It, la morbida I’ll Be Alright Without You e The Eyes Of A Woman.

A quel punto la band si è presa una lunga pausa durata dieci anni, durante la quale sono arrivate nei negozi tutta una serie di Greatest Hits e di The Best.
Shoen e Cain, nel frattempo, sono entrati a fare parte del supergruppo Bad English, dove hanno ottenuto un grosso successo con l’album omonimo.

Il tanto atteso nuovo lavoro da studio, Trial By Fire, è infine arrivato nel 1996, dopo il ritorno alla base di Valory e Smith. L’album, che concede un AOR di grande impatto, ha raggiunto un ottimo terzo posto in classifica e con il singolo When You Love A Woman, i Journey hanno vinto un Grammy Award.
Molto belle, inoltre, Message of Love, la romantica Still She Cries e If He Should Break Your Heart.

A quel punto però, i due Steve, Perry e Smith, hanno lasciato entrambi la band, sostituiti rispettivamente da un altro Steve, Augeri, e dall’ex batterista dei Bad English Deen Castronovo. Con la nuova formazione, i Journey hanno registrato nel 1998 il singolo Remember Me, incluso nella colonna sonora del film Armageddon. Quindi, nel 2000, l’album Arrival, realizzato all’inizio solo per il mercato giapponese, dove trovano spazio la splendida ballad All The Way e la più dura Higher Place.
Ad ogni modo Arrival è stato il primo lavoro della band di San Francisco a non essere certificato almeno disco d’oro dai tempi di Next, nel 1977.

Generations è stato rilasciato nel 2005, dopo che i Journey avevano ricevuto l’onore di essere inclusi nella Walk Of Fame di Hollywood. Il nuovo disco ha la particolarità che ogni elemento del gruppo presta la voce in almeno un brano.

L’anno seguente Augeri ha dovuto abbandonare il tour per un’infezione cronica alla gola ed è stato sostituito da Jeff Scott Soto, che aveva cantato, tra l’altro, nei primi due album del guitar-heroe Yngwie Malmsteen. Soto però, una volta terminata la tournée, se n’è tornato a casa e i Journey hanno assunto come nuovo singer il filippino Amel Pineda, che Schon aveva visto in un filmato su You Tube mentre si esibiva con una cover dei Journey.

Nel 2008 ecco l’ultimo lavoro sin qui realizzato: Revelations. Si tratta di un doppio LP (triplo, se si considera il DVD allegato) dove il primo presenta 13 nuove tracce con la solita buona miscela di ballate romantiche, su tutte After All These Year, e hard rock di classe, come Never Walk Away, Where Did I Lose Your Love e Faith in the Heartland, mentre il secondo è un Greatest Hits di vecchi successi registrati per l’occasione con la voce di Pineda.

Le ultime notizie indicano che dovrebbe uscire a breve il quattordicesimo album dei Journey. La carriera platino e oro dei padroni dell’AOR sembra ben lontana dal vedere la fine.

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