Pubblicato in: Rock e Punk

Van Halen, fenomeni commerciali degli anni ’80

di Roberto Vanazzi 31 maggio 2010
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La storia inizia nel 1968, quando i fratelli Alex e Edward “Eddie” Van Halen si sono trasferiti dalla natia Olanda a Pasadena, in California. Entrambi studenti di pianoforte, hanno abbandonato presto la via della musica classica, sulla quale erano stati indirizzati dal padre, per intraprendere quella del rock. Così Eddie si è dedicato alla chitarra e Alex si è seduto dietro la batteria, anche se pare che all’inizio gli strumenti erano invertiti. Incontrati il funambolico cantante David Lee Roth e il bassista Michael Anthony è nata una band, che inizialmente si dedicava a cover di brani da discoteca, chiamata prima Mammoth, poi Rat Salade e, infine, semplicemente Van Halen.

Nel 1976 Gene Simmons dei Kiss li ha scoperti e li ha aiutati a chiudere un contratto con la Warner Bros, etichetta per la quale, due anni più tardi, è stato registrato lo straordinario album d’esordio Van Halen. Il disco si è guadagnato il platino e il singolo You Really Got Me, cover di un brano degli inglesi Kinks, è entrato di prepotenza in classifica.
I pezzi proposti sono di notevole impatto e allo stesso tempo orecchiabili: Running With The Devil, Ain’t Talkin’’Bout Love, la sensuale Little Dreamer e, soprattutto, l’esplosivo assolo di chitarra Eruption, che la rivista Guitar World ha inserito al secondo posto degli assoli più belli di sempre, dietro solamente a quello di Jimmy Page in Stairway To Heaven, e che ha lanciato Eddie Van Halen nel gotha dei migliori chitarristi rock.

Da questo momento in avanti la marcia del gruppo è stata inarrestabile. L’Hard Rock patinato e di grande effetto proposto dai Van Halen, unito alle spettacolari esibizioni dal vivo, ha fatto sì che il gruppo diventasse uno dei maggiori fenomeni commerciali degli anni ’80. Ogni disco rilasciato, infatti, si è guadagnato il platino. A garantire il successo, oltre alla tecnica sopraffina di Eddie, anche il carisma di David “Diamond Dave” Lee Roth, idolo delle teen-agers e vero animale da palcoscenico.

Nel 1979 è uscito Van Halen II che, musicalmente parlando non si discosta molto dal precedente, anche se ritenuto leggermente inferiore, e presenta ottime canzoni quali Somebody Get Me A Doctor, la cover di Betty Everett You’Re No Good e le sbarazzine, con tanto di coretto accattivante, Beautiful Girls (che termina con un bacio di Dave) e Dance The Night Away.

Anche Women And Children First, datato 1980, testimonia l’eccellente livello del quartetto di Pasadena. Il brano migliore è senz’altro And the Cradle Will Rock, seguito da Romeo Delight, Could This Be Magic? e Everybody Wants Some.


Stesso discorso per il quarto lavoro, edito l’anno seguente, intitolato Fair Warning. Qui, su tutte, spicca l’opening track Mein Street, la cui intro ricorda un po’ Eruption. Quindi So This Is Love?, Unchained, Hear About It Later e Push Comes To Shove.

La particolarità di Diver Down, del 1982, è la presenza di numerose cover, a testimoniare la ricerca delle radici R&B intrapresa dal gruppo. La migliore, senza dubbio, resta la versione caustica di Oh Pretty Woman, di Ray Orbison. Quindi un altro pezzo pescato dal repertorio dei Kinks, Where Have All the Good Times Gone! e uno di Martha Reeves & The Vandellas (ma firmato da Marvin Gaye), Dancing In The Street.
Fra i brani originali dei Van Halen Little Guitars, dotata di una bella introduzione spagnoleggiante con chitarra acustica, Hang ‘Em High e la sfrenata The Full Bug. Nonostante le buone vendite però, il disco è apparso spersonalizzato e ha deluso lo zoccolo duro dei fans.

Sul finire del 1983 la svolta è stata più vistosa. Con l’album dal titolo orwelliano 1984 si ha la comparsa, anche predominante, dei sintetizzatori suonati dallo stesso Eddie, che ha abbandonato in parte la chitarra. Il suono si è fatto più orecchiabile, e nella track list prendono posto anche power ballads, come I’ll Wait, fino a quel momento sconosciute al gruppo. Per la prima (e ultima) volta un loro singolo è balzato in testa alla classifica americana: si tratta di Jump, hit famosissima che non era raro ascoltare anche nelle discoteche.
Altre canzoni da citare sono Panama e, la mia preferita, Hot For Teacher. Quest’ultima ricalca il suono dei vecchi Van Halen, tirato, senza tastiere e con la chitarra che riconquista il ruolo di prima donna.

Alla fine della tournée promozionale, però, sono sorti degli attriti fra Diamond Dave e il resto del gruppo, il quale non ha gradito l’esuberanza e le manie di grandezza del frontman. La separazione è stata inevitabile. Il biondo californiano ha intrapreso una carriera solista piena di successi, mentre i Van Halen hanno reclutato l’ottimo Sammy Hagar per prenderne il posto.

Grazie al fatto che Hagar era anche un chitarrista di buon livello, Eddie ha avuto modo di dedicarsi con più attenzione alle tastiere. L’hard del gruppo si è fatto meno brillante e decisamente più “radiofonico”. Questo non ha comunque influito sul fatto che il nuovo LP 5150 (dal nome dello studio di registrazione dello stesso Eddie Van Halen) riscuotesse un ottimo consenso a livello di vendite, grazie a brani quali Why Can’t This Be Love?, Good Enough e le ballads Dreams e Love Walks In.

L’ennesima tournée da tutto esaurito ha sottolineato la caratura internazionale ormai raggiunta dalla band.

Nel 1988 è arrivato nei negozi OU812 (che significa “Oh You Ate One Too, in risposta a Eat ‘Em Smile, primo LP solista di Lee Roth), qualitativamente migliore del predecessore. L’album concede un sofisticato Hard Rock giocato ancora sulle tastiere di Eddie e nelle cui trame la voce potente di Hagar si inserisce alla perfezione.
I brani migliori sono Mine All Mine, Feels So Good, la ballad When It’s Love e le più dure Cabo Wabo e Black and Blue.

Lo stesso anno i Van Halen sono stati l’attrazione principale del famoso tour itinerante Monster Of Rock.

Il seguente album, For Unlawful Carnal Knowledge, il cui acronimo sarebbe F.U.C.K., ha fatto vincere al gruppo il loro primo, e unico, Grammy Award.
Si nota qui un parziale abbandono delle tastiere, sostituite dal pianoforte, come ad esempio nella elegante Right Now, che ricorda da vicino il sound dei Toto. E forse la presenza di Steve Lukater, chitarrista proprio di questo gruppo, non è casuale nel brano intitolato Top Of The World, il quale inizia dove finiva Jump. Il pezzo che apre il disco, Poundcake, abbastanza hard da fare pensare agli esordi, si apre con il suono di un trapano.

Sempre del 1993 è l’unico album live del gruppo dal titolo Live: Right Here, Right Now, che documenta le due date alla Selland Arena di Fresno, nel quale, in mezzo ai vecchi classici, spicca una bella cover di Won’t Get Fooled Again degli Who.

Nel 1995 è stata la volta di Balance, dove trovano posto la ballad in AOR style Can’t Stop Lovin’ You, dedicata a Ray Charles, Amsterdam, Not Enough, e la dura opening track The Seventh Seal.

A quel punto però, dopo 11 anni di attività, anche Sammy Hagar ha litigato con i compagni d’avventura e se n’è andato sbattendo la porta. Al suo posto sembrava dovesse tornare alla base nientemeno che David Lee Roth, con il quale il gruppo aveva da poco registrato due nuovi brani apparsi sul The Best Of vol.1, le energiche Can’t Get This Stuff No More e Me Wise Magic. Ma il biondo cantante ha creato ancora qualche problema e così è arrivato Gary Cherone, ottimo nella sua veste di singer degli Extreme, ma sfortunato nella breve apparizione con i Van Halen.

L’album Van Halen III, infatti, è universalmente riconosciuto come il punto più basso del gruppo. L’unica chicca si può considerare la ballad How Many Say, cantata da Eddie Van Halen accompagnato solo dal piano.

Per il fallimento del progetto, e anche per problemi di saluti dello stesso Eddie, i Van Halen si sono sciolti nel 1998.


Nel 2003 i due fratelli Van Halen e Anthony si sono riuniti a Sammy Hagar con il quale hanno pubblicato una raccolta contenente 3 inediti, dal titolo The Best Of Both Worlds, seguita da un tour che ha ottenuto ottimi consensi. I problemi con l’alcool di Eddie però, hanno influito negativamente sul prosieguo dell’attività, e Hagar se n’è andato ancora, questa volta in modo definitivo.

Tre anni più tardi anche Michael Anthony è stato cacciato dalla band per lasciare spazio a Wolfang Van Halen, figlio di Eddie, allora solo quindicenne.

Nel 2007, a seguito dell’introduzione nella Hall Of Fame, ecco la definitiva reunion con David Lee Roth e un tour celebrativo durato 9 mesi.
Adesso si attende l’arrivo di un nuovo album.

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