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FABRIZIO DE ANDRE’, amico Faber

di Roberto Sonego 3 maggio 2011
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Ognuno di noi, nella propria vita, è arrivato ad un momento particolarmente difficile, un momento in cui la vita  mette alla prova e costringe a guardarsi allo specchio e chiedersi: ce la farò? Ma sarò in grado? Io di quei momenti ne ho avuti davvero tanti. Dal punto di vista musicale questo è uno di quei momenti. In cui, dopo aver scritto svariati articoli, alcuni belli e alcuni meno, mi sono ritrovato a voler scrivere “l’articolo” su Fabrizio de Andrè. Perchè dovrebbe essere così difficile? Beh, per alcuni motivi fondamentali tra i quali il fatto che Faber non è un cantautore ma “il cantautore”, non è nella storia della musica italiana ma è “la storia” della musica italiana. Scrivere, quindi, su de Andrè è qualcosa che mi spaventa per la grandezza che ha rappresentato e che continuerà a rappresentare per tutti.

Vedete, quando era in vita Faber ha rappresentato per alcuni il più grande, per tanti il papà che ti canta la storia prima di addormentarti o il fratello buono che ti stringe a sé e ti dice che, sì le cose vanno male, ma andranno meglio. E te ne convince. E quando se n’è andato, beh, con lui è partito un piccolo pezzo di ognuno di noi. Un altro pezzo, però, è rimasto negli occhi di Marinella, all’ombra dell’ultimo sole o ha accompagnato in treno il viaggio di Bocca di Rosa

Intanto il soprannome Faber (quando l’ho scoperto ne sono rimasto colpito) gli è stato affibbiato da Paolo Villaggio, amico d’infanzia, che consapevole della passione che aveva Fabrizio per i colori di una nota marca, ha deciso di chiamarlo con quel nomignolo. Semplicemente.

Già da piccolo Fabrizio non ebbe una vita facile. Per colpa della guerra la sua famiglia fu costretta a trasferirsi in un casolare di campagna e il padre a scappare dai fascisti.

Nato a Pegli, Genova, il 18 febbraio 1940 da una coppia di alto-borghesi piemontesi, e cresciuto tra le campagne astigiane, dove i genitori erano nati, dovette trasferirsi, a causa della guerra, in quel di Genova dove intraprese tutte le scuole primarie in istituti cattolici. L’essere, però, così fuori da ogni schema rese la vita scolastica di Fabrizio abbastanza dura tanto da costringere i genitori a fargli cambiare istituto a favore di una scuola pubblica.

Intanto Fabrizio studia con dedizione chitarra e traduce i testi  di George Brassens e sarà proprio il musicista francese la scintilla che lo porterà ad entusiasmarsi alla musica a tal punto da pensare di comporla anche lui.

Nuvole Barocche del 1961, sotto forma di 45 giri fu il primo disco composto e cantato da Faber. La particolarità che lo rese celebre in quegli anni fu il parallelo tra una musica colta cantata con linguaggio comprensibile a tutti. Il carattere schivo di Faber si manifestò anche con la totale assenza dal palco del cantautore fino addirittura al 1975. Nel frattempo i primi anni sessanta furono la culla per alcuni tra i più bei lavori di Faber come, ad esempio, La Guerra di Piero, La Ballata del Michè e La Canzone di Marinella vere e proprie lezioni su come si può arrivare al cuore della gente con una canzone.

(Creuza de mà)

Gli anni successivi per Faber saranno molto prolifici di “concept album“, di dischi cioè che girano attorno ad un solo concetto e che ne approfondiscono i vari aspetti ad ogni brano. Sarà la volta di Tutti Morimmo a Stento al quale seguirà La Buona Novella, a tutt’ora definito, anche dallo stesso De Andrè, il suo lavoro migliore. In esso Faber spiega che la “verità assoluta” di cui la Chiesa sostiene di essere in possesso è un’invenzione allo scopo di esercitare quel potere che, in effetti, da sempre ha fatto proprio.

(Il Testamento di Tito-de Andrè e la Pfm)

Pochi sanno anche che la sua innata timidezza fu la causa sia, appunto, delle rare apparizioni in pubblico e sia della sua dipendenza dall’alcool.

Proprio l’avvicinarsi di De Andrè ad ambienti legati all’Autonomia di Sinistra gli provocò parecchie critiche anche e soprattutto nel successivo tour che il cantautore genovese tenne in Italia con i New Trolls come accompagnamento.

Gli anni 70 furono per Faber gli anni delle innumerevoli collaborazioni dapprima con Cohen, Vanoni, Dylan e Brassens e di seguito con Francesco de Gregori con il quale compose Volume VIII. Un’altra importantissima e duratura collaborazione de Andrè la ebbe con Massimo Bubola con il quale scrisse nel 1975 la bellissima Rimini e Andrea, uno dei maggiori successi del cantautore ancora adesso ascoltatissimo.

E’ quello il periodo in cui Fabrizio decide di piazzarsi in un posto e mettervi le radici e per farlo sceglie la Sardegna a Tempio Pausania. In quel periodo nasce il meraviglioso sodalizio con la Pfm con la quale parte in tour e compone il live disco fondamentale di tutta la musica italiana.

Ed è proprio questo il periodo in cui accade il fatto che per sempre segnerà la vita professionale e non di Faber e cioè il sequestro di lui e Dori Ghezzi, la quale in seguito diverrà sua moglie, durato ben quattro mesi. A seguito di questo fatto Faber compone l’omonimo album noto anche con “l’indiano a cavallo” della copertina dal quale una delle più belle canzoni a giudizio di chi vi scrive, Fiume Sand Creek. Dallo stesso disco anche Hotel Supramonte nel quali abbastanza evidenti riferimenti alla tremenda esperienza vissuta.

Certi testi, certe melodie, certe poesie non nasceranno mai più

La collaborazione con Bubola continuerà anche con l’inizio del nuovo decennio che vedrà anche, nel 1984 la pubblicazione di un disco integralmente composto in lingua genovese, Creuza de mà, che fu anche l’inizio di una vera e propria separazione nel cantare le sue melodie dai suoi ispiratori primo tra tutti, come accennato all’inizio dell’articolo, Brassens.

Nel 1988 canta assieme a Fossati e a de Gregori la canzone Questi Posti davanti al Mare che anticiperà di due anni Le Nuvole nel quale spicca Don Raffaè.

La collaborazione con Ivano Fossati continua e si rinsalda con l’uscita di Anime Salve del 1996, ultimo album in studio e vero e proprio inno alla solitudine e preludio ad un tour durante il quale Faber e tutti noi ricevemmo la notizia che mai avremmo voluto. Gli fu, infatti, diagnosticato un carcinoma polmonare che lo rubò alla vita un anno dopo.

E lo rubò a tutti noi perchè chiunque, appassionato e non, ha in vita propria avuto il privilegio di ascoltare almeno una delle sue canzoni e spiegare le ali volando oltre i dolori, le tristezze e tutte le malinconie della vita, almeno per il tempo di una delle sue meravigliose canzoni.

Con tutto il cuore…grazie.

Grazie amico Faber, amico fragile…ci mancherai…

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Il sito della Fondazione Fabrizio de Andrè

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