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I Byrds, Beatles americani – Prima parte

di Roberto Vanazzi 12 dicembre 2012
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Nella seconda metà degli anni ’60, grazie a brani accattivanti e dotati di ottime armonie vocali, i Byrds hanno ottenuto un notevole successo, tanto da essere paragonati ai Beatles. A causa dei numerosi cambi di formazione e di stile, però, il gruppo si è presto smarrito, anche se a suo favore va segnalata la capacità di dare vita a nuovi generi musicali: il Folk-Rock, il Country-Rock e il Raga-Rock (influenzato dalla musica indiana).

GLI INIZI

Nel lontano 1964 Jim McGuinn, Gene Clark e David Crosby, tre chitarristi con già alcune esperienze alle spalle, si sono trovati al Troubadour di Los Angeles e hanno formato un gruppo chiamato Jet Set. Il trio ha presto cambiato il nome in Beefeaters, con il quale ha inciso per la Elektra il 45 giri Please Let Me Love You.

A ottobre, sempre del ’64, in formazione sono entrati il bassista Chris Hillman e il batterista Michael Clark. Il nome della band è nuovamente mutuato, questa volta in Byrds, e dopo alcuni demo tape realizzati per la piccola etichetta Together, il gruppo è stato ingaggiato dalla Columbia Records, grazie alla raccomandazione del grande Miles Davis, e dal produttore Terry Melcher (lo stesso dei Beach Boys).

IL SUCCESSO E LA NASCITA DEL FOLK-ROCK

Nella primavera del 1975 l’exploit: è uscito, infatti, il singolo Mr. Tambourine Man, brillante rivisitazione elettrica del brano di Bob Dylan. È considerata questa la data della nascita di un nuovo genere musicale, il Folk-Rock, salutato con entusiasmo dalla critica e da un enorme successo di pubblico.

In realtà il brano non è stato registrato dagli ancora acerbi membri del gruppo, ma da alcuni session man capeggiati da Leon Russsel. La notizia trapelerà solo anni più tardi. Comunque sia, con Mr. Tambourine i Byrds sono diventati i portatori di una rivoluzione musicale. Nessuno prima di loro, infatti, aveva tentato di applicare gli strumenti elettrici alla musica folk e i risultati ottenuti hanno avuto un’influenza decisiva sul corso della musica di quegli anni.

L’uso degli strumenti elettrici, in particolar modo della 12 corde, insieme agli impasti vocali, hanno regalato nuove atmosfere alle composizioni folk e, soprattutto, ai brani di Dylan. Se il grande Bob ha avuto in quel periodo il merito di fornire un nuovo vocabolario alla musica, McGuinn e soci sono riusciti a creare una nuova dimensione.

Con l’accentuazione della sezione ritmica, infatti, i Byrds hanno scoperto una delle grandi verità della musica che sarebbe arrivata nell’immediato futuro: più forte è il ritmo, più intense sono le emozioni di chi ascolta. Grazie a questo background musicale e ai testi stimolanti che solo Dylan riusciva a scrivere, in quel momento i Byrds hanno costituito l’esempio più unico che raro di gruppo dedito allo stesso tempo al divertimento e all’impegno.

Ma non ci sono solo le cover. Presto anche le doti compositive dei vari membri della band hanno preso il sopravvento e si sono sviluppate in molteplici direzioni. All’inizio è stato Gene Clark l’autore più prolifico, ma in seguito anche gli altri si sono dati da fare  e hanno scritto pagine memorabili.

Così nell album Mr. Tambourine Man, pubblicato sull’onda del successo del singolo, si alternano brani originali (I’ll Feel A Whole Lot Better, I Knew I’d Want You, la ballata We’ll Meet Again e You Won’t Have To Cry su tutte), brani folk tradizionali in versione elettrica (la stupenda The Bells of Rhymney, scritta da Peter Seeger sui versi del poeta gallese Idris Davies) e qauttro cover di Bob Dylan, ovvero Chimes Of Freedom, All I Really Want to Do, Spanish Harlem Incident e, naturalmente, Mr. Tambourine Man.

Stesso discorso per il secondo LP Turn Turn Turn, datato 1966.  I brani di punta di questo disco sono la title track (cover di Peter Seeger), le dylaniane The Times They Are a-Changin’ e Lay Down Your Weary Tune e, tra i pezzi originali, It Won’t Be Wrong e Set You Free This Time. Chiude l’album il famoso brano tradizionale Oh Susanna, riscritto dai Byrds con molta ironia.

Il riscontro in fatto di vendite è stato notevole, ma il gruppo nel suo interno era già in fermento e poco dopo ha perso Gene Clark, colui che fino allora aveva scritto la maggior parte delle composizioni. A quel punto McGuinn, che nel frattempo aveva cambiato il nome da Jim a Roger, ha assunto la leadership dei Byrds e il suono della sua Rickenbaker a 12 corde è diventato il marchio di fabbrica della band.

ROCK PSICHEDELICO E RAGA-ROCK

Rimasti in quattro i Byrds hanno rilasciato Fifht Dimension, dove il sound, sempre morbido e folk rock, si è miscelato ad influenze psichedeliche e, a tratti, orientaleggianti, creando quel genere chiamato Raga-Rock. Le canzoni migliori sono a mio parere Eight Miles High e 5D: entrambe suggeriscono un viaggio lisergico, oltre che musicale. Molto belle anche la tradizionale Wild Mountain Thyme, la vivace Mr. Spaceman e la scatenata I See You. Da segnalare pure la versione di Hey Joe, di Billy Roberts, lo stesso brano che l’anno seguente sarà portato al successo da Jimi Hendrix.

Il 1967 è stato l’anno di Younger Than Yesterday, disco sul quale a farla da padrona è la stupenda My Back Pages, cover di Bob Dylan. Si ascoltano volentieri anche la psichedelica Renaissance Fair, la delicata ballata di Crosby Everybody’s Been Burned, la beatlesiana So You Want To Be a Rock “N” Roll Star, con la tromba a sottolinearne l’armonia, la sbarazzina Have You Seen Her Face e la magnifica Thoughts and Words, entrambe scritte da Hillman.

Purtroppo David Crosby, nell’ottobre 1967, ha lasciato la band a seguito di una serie di litigi anche violenti con McGuinn.

I tre Byrds superstiti, con l’ausilio di alcuni session men, hanno pubblicato The Notorious Byrd Bros, che segue le orme psichedeliche e Raga-Rock dei due precedenti. Si tratta probabilmente del lavoro più sperimentale del gruppo, con suoni innovativi, lontani anni luce da quelli dei primi dischi.

La prima traccia, Artificial Energy, si presenta con un andamento soul e una tromba sbarazzina. Draft Morning invece, scritta a tre mani da Crosby, Hilmann e McGuinn, è una perla di grande atmosfera. Stesso discorso per le eteree Dolphin’s Smile e Natural Armony. Da segnalare le due cover di Carol King, la delicata Going Back e la più country Wasn’t Born To Follow. Il lavoro si chiude con il brano che più di tutti si inoltra in terreni inesplorati, l’elettronico viaggio intergalattico di Space Odissey.

 

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