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I protagonisti di Jazz At Massey Hall: la notte dei cinque re

di Roberto Vanazzi 20 marzo 2013
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15 maggio 1953. Sul palco della Massey Hall, la sala concerti di Toronto, Canada, cinque musicisti hanno dato vita a un incredibile spettacolo di jazz. I cinque re all’epoca erano i più virtuosi del rispettivo strumento: Charles Mingus al contrabbasso, Dizzie Gillespie con la sua tromba, Bud Powell al piano, il batterista Max Roach e Charlie Parker al sax contralto, che per evitare la burocrazia della sua casa discografica ha dovuto mascherare il nome con quello di Charlie Chan.

Spiegare agli appassionati di jazz chi sono questi personaggi, è come chiedere a un tifoso del Napoli se conosce Maradona. Una vera all star, un supergruppo, per usare un termine caro al mondo del rock. È stata quella l’unica volta che i cinque hanno suonato insieme ed è anche l’ultima in cui Parker e Gillespie sono saliti sullo stesso palco fianco a fianco. Bird sarebbe morto un paio di anni dopo questo concerto, mentre gli altri musicisti avrebbero da lì a poco intrapreso altre strade espressive.

 

The Quintet

 

IL BE-BOP

Il jazz ascoltato quella sera è quello denominato Be-Bop, lo stile nato e cresciuto soprattutto a New York negli anni ’40, derivato dall’insoddisfazione di quei solisti cui andava stretto l’ambito dove li avevano relegati le big band dedite allo swing. Questi ambiziosi personaggi, terminata la giornata di lavoro con le grandi orchestre, hanno cominciato a darsi appuntamento nei fumosi jazz-club che sorgevano come funghi.

Lì si univano in piccole formazioni e davano sfogo alla loro fantasia, proponendo ogni sera performance in cui sperimentavano nuove strade musicali. Fraseggi nervosi e frammentati, passaggi cromatici velocissimi, soluzioni armoniche rabbiose, il tutto dedito alla totale disgregazione della melodia. Questo era il nuovo sound che stava prendendo piede, il Be-Bop appunto, termine che nello slang di quel periodo significava rissa, coltellate, rivolta.

Superando gli stereotipi musicali a loro imposti dalle esigenze del pubblico, senza rendersene conto questi artisti hanno messo in atto una vera e propria rivoluzione, stilistica prima di tutto, ma anche culturale. Con l’intento d’individuare nuove forme d’espressione, infatti, i boppers hanno da una parte conferito al jazz lo status di arte a tutti gli effetti e dall’altra affermato le rivendicazioni della gente di colore e degli emarginati.

Essi hanno creato un vero e proprio movimento, che si esprimeva non solo con la musica, ma anche atraverso un’immagine originale, dove l’unica regola era quella di non avere regole e limitazioni. L’abuso di alcool e droga, purtroppo, era alla base di tutto questo.

 

Roach, Gillespie e Parker

Roach, Gillespie e Parker

 

IL CONCERTO

Quando il concerto in questione è andato in scena, il Be-Bop stava vivendo l’ultimo periodo della sua vita: a breve, infatti, avrebbe passato il testimone all’Hard-Bop, sua naturale evoluzione, e al Cool Jazz, il rivale nato sulla costa opposta. Jazz At Massey Hall, quindi, può essere definito il risultato finale del Be-Bop, come a dire: “Abbiamo creato un genere, lo abbiamo elevato ad arte e adesso tiriamo le somme prima di voltare pagina.

Il fraseggio tra i due strumenti a fiato, la tromba di Dizzie e il sax contralto di Parker, portavano già i semi di quello che avrebbero fatto di lì a poco gli adepti del Cool Jazz. Non lasciamoci però ingannare. Gli stilemi del Be-Bop, il calore, la rabbia, la rottura dei temi classici, sono ben presenti nella sala di Toronto. Jazz At Massey Hall rappresenta il lascito vivo e palpitante di un’esperienza colta ancora nel pieno della sua attualità.

Per quanto riguarda gli interpreti, Parker e Gillespie si conoscevano a memoria e non hanno sbagliato un passaggio, sorretti dalla ritmica precisa e grintosa di Roach e Mingus e coadiuvati dalla fantasia di Powell. Dizzy, il più anziano dei cinque, all’epoca aveva 36 anni. Parker 33, Mingus 31. Powell e Roach, i più giovani, ne avevano entrambi 30.

 

Roach, Gillespie e Parker

Roach, Gillespie e Parker

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