Pubblicato in: Metal e Hardcore

Black Sabbath: gli dei oscuri del Metal

di Roberto Vanazzi 19 gennaio 2012
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Con oltre cento milioni di album venduti in tutto il mondo i Black Sabbath hanno avuto senza dubbio un’influenza di primo piano per quanto riguarda la creazione e l’evoluzione dell’heavy metal. Il gruppo non ha fatto altro che prendere il blues-rock, suonato alla fine degli anni ’60 da gente quali i Cream, ne ha rallentato il tempo, ha accentuando i bassi e posto una speciale enfasi negli assolo di chitarra e nella voce, con liriche che esprimono angoscia mentale e macabre fantasie che sfociano nell’occulto.

In breve tempo le nuove sonorità della band di Birmingham hanno contribuito a dare vita a uno stile musicale tutto nuovo, che ha continuato ad attrarre milioni di seguaci nei decenni successivi. Alcuni dischi della band sono diventati veri e propri riferimenti nel settore del metallo pesante, come Paranoid, che Rolling Stone ha dichiarato avere cambiato per sempre la musica. Lo stesso mensile è arrivato persino a dire che i Black Sabbath sono stati “i Beatles dell’heavy metal“. Un’altra rivista, Time Magazine, ha definito la pubblicazione di Paranoid come “la data di nascita del metal“, mentre MTV ha posizionato i Sabbath al primo posto nella classifica delle migliori band di rock duro.

La storia è iniziata a Birmingham sul finire degli anni ’60, quando due membri dei Mythology, il chitarrista Tony Iommi e il batterista Bill Ward, e due dei Rare Breed, il cantante Ozzy Osbourne e il bassista Geezer Butler, si sono uniti e hanno formato gli Earth. Nel 1969 il nome è stato cambiato in Black Sabbath. I quattro hanno quindi preso il blues, lo hanno incupito e appesantito e dato vita in quel modo al suono dark e heavy che sarà il loro fortunato marchio di fabbrica.

Nel 1970, dopo la firma con la Vertigo, è uscito l’omonimo Black Sabbath, registrato in completa autonomia con soli due giorni in studio. Il disco ha avuto notevole successo proprio grazie al sound oscuro e alle liriche sataniste, mai usati sino a quel momento. La title track è l’emblema di tutto questo: sopra un riff inquietante si dipana la storia di un tizio che durante l’Apocalisse incontra Satana e ne diventa il suo fedele seguace. Quindi il caustico blues di The Wizard, con tanto di armonica, ispirato a Gandalf de Il Signore degli Anelli. E ancora la stupenda N.I.B., che si apre con uno strabiliante assolo di basso, e la rockeggiante Evil Woman (Don’t Play Your Games With Me), cover dei Crow. Poi ci sono la jam Warning, che contiene una lunga, bellssima cavalcata chitarristica di Iommi in chiave blues, la strumentale Sleeping Village, che nell’intro ricorda la colonna sonora dei film western alla Ennio Morricone, per poi trasformarsi in un buon pezzo rock, e Behind The Wall Of Sleep.

Il secondo disco avrebbe dovuto intitolarsi War Pigs, ma mentre il gruppo lo stava preparando, la casa discografica ha lanciato sul mercato il singolo Paranoid, che sorprendentemente ha raggiunto la quarta posizione in classifica. Il titolo dell’album è stato allora cambiato proprio in Paranoid e ha fatto definitivamente esplodere la fama della band. L’LP è ancora oggi il maggior successo commerciale dei Sabbath ed è considerato un lavoro fondamentale per la nascita dell’heavy metal. Le perle si susseguono una dopo l’altra senza sosta: War Pigs, pezzo contro la guerra del Vietnam, che contiene un bellissimo assolo di chitarra, Paranoid, con il suo ritmo semplice e le liriche che narrano di malattie mentali, la tanto cupa quanto bella Iron Man, la plumbea Electric Funeral, che parla di una guerra nucleare, la psichedelica Planet Caravan (non so a voi, ma a me ricorda un po’ i Pink Floyd prima maniera), l’articolata Hand Of Doom, una storia di Eroina. Da segnalare nella jam session Rat Salad un lungo assolo di batteria stile Moby Dick dei Led Zeppelin e The Mule dei Deep Purple.

Più che in patria, i Sabbath sono diventati famosi negli Stati Uniti dove, nonostante l’ostracismo dei media a causa dei lugubri contenuti delle liriche, ispirati a droga, morte e inferno, la miscela di trucchi di scena di Ozzy, fenomenale showman, ha portato il gruppo ad un successo senza precedenti.

Ozzy Osbourne

Ozzy Osbourne

Il successo è bissato nel 1971 con Master Of Reality, album stupendo, molto più pesante e introspettivo dei due che lo avevano preceduto, con ritmiche martellanti e liriche angosciose. La bellissima After Forever parla della redenzione dell’anima, la rockeggiante Children Of The Grave è un pezzo pacifista e Sweet Leaf, introdotto dai colpi di tosse di Iommi, è un inno alla marijuana. Solitude è una dolce ballata acustica, mentre Lord Of This World e la finale Into The Void si dividono il titolo di “pezzo più Doom del disco”. Nel lavoro sono presenti anche due camei strumentali in stile medievale, nei quali Iommi si cimenta con la chitarra acustica: Orchid e Embryo.

L’anno seguente è stato dato alle stampe Volume IV. È questo l’LP dove i Black Sabbath hanno introdotto nel loro sound forme sperimentali, che attingono a piene mani dal progressive rock. Snowblind, apertamente dedicata alla cocaina, Tomorrow’s Dream, la magnifica Supenaut, la ballata pianistica Changes, Cornucopia e l’opening track di oltre 8 minuti Wheels of Confusion/The Straightener, ricca di cambi di tempo, sono i pezzi migliori.

Il sound progressive è ancora più evidente nel successivo Sabbath Bloody Sabbath, datato 1973, grazie anche alla presenza di Rick Wakeman, tastierista degli Yes. La title track è stupenda, così pure Spiral Architect, Sabra Cadabra e A National Acrobat. Killing Yourself to Live è un pezzo scritto da Butler, mentre Who Are You è quello in cui maggiormente si sente l’influenza progressive.

 

L’anno seguente i Black Sabbath sono stati costretti a una sosta forzata a causa di una lunga lotta legale con l’ex manager, licenziato bruscamente dopo l’uscita di Paranoid, e per il fallimento della società che amministrava i diritti di pubblicazione, la World Wide Artists.

Nel 1975 il gruppo è tornato prepotentemente sul mercato con Sabotage. Il disco presenta un netto cambio di sonorità, con i sintetizzatori che si fanno qui più insistenti grazie alla presenza del tastierista Jezz Woodroffe. Il gruppo sperimenta anche armonie inusuali, come ad esempio il coro russo nel brano Supertzar. I pezzi migliori sono Hole In The Sky, che rimanda ai tempi dei primi lavori, Thrill of it All e Symptom Of The Universe, un brano dalla ritmica thrash quando ancora il thrash non esisteva, anche se alla fine le chitarre acustiche ne cambiano l’atmosfera.

Technical Ecstasy, datato 1976, ha ottenuto un buon successo a livello di critica, ma ha spiazzato totalmente i fans a causa di un suono leggero e lontano mille miglia da quello pesante e funereo degli esordi. La variegata Dirty Woman, che chiude il lavoro, è a mio parere il brano più significativo. Back Street Kids ricorda i vecchi Sabbath, quindi il rock’n’roll di Rock’’N’Roll Doctor e You Won’t Change Me, una ballata potente, quasi Doom. La stralunata It’s All Right è cantata dal batterista Bill Ward e sembra di ascoltare i Beatles.

Purtroppo Ozzy è stato colpito proprio allora da un periodo di crisi compositiva e la sua presenza all’interno dei Sabbath si stava facendo via via sempre più problematica. Uscito dal gruppo, Iommi ha tentato di sostituirlo con Dave Walker, ex cantante dei Savoy Brown. Il singer, però, è tornato momentaneamente alla base per lavorare su Never Say Die, disco scarno, che segue le sperimentazioni del precedente e che è servito più che altro per celebrare il decennale dei Black Sabbath. Alle tastiere, questa volta, si è seduto il futuro Deep Purple Don Airey.

Alla fine del 1978, dopo l’uscita di Never Say Die, il satanico Ozzy ha lasciato definitivamente i compagni per formare i Blizzar Of Ozz. Nei Black Sabbath è arrivato Ronnie James Dio, vocalist dalla timbrica più potente, ma forse mai del tutto accettato dai fans di vecchia data.

La band, tuttavia, ha sopportato benissimo il cambio dietro il microfono e già nel 1979, con l’arrivo nei negozi dello stupendo Heaven And Hell, si è confermata al vertice del movimento. Ronnie ha portato nuova linfa, grazie al suo amore per le liriche gotiche e medievali, che ben si adattavano al suono tenebroso e distorto del gruppo di Birmingham. La title track, Neon Knights, Lady Evil, la rabbiosa Die Young , la power ballad Children Of The Sea e Wishing Well si sono unite alla schiera di gemme dei Black Sabbath. Da segnalare la presenza alle tastiere di Geoff Nicholls, relegato sul retro del palco durante i concerti, ma da quel momento figura sempre più importante nell’economia del gruppo.

A quel punto, però, ha lasciato anche Bill Ward, causando la cancellazione di numerose date del mastodontico tour. Il suo sostituto è stato Vinny Appice.

Nel 1981 è stato pubblicato Mob Rules, degno seguito di Heaven And Hell, il quale però ha sofferto da un punto di vista commerciale la contemporanea uscita sul mercato dei lavori solisti di Ozzy Osbourne. La mia canzone preferita è Country Girl, ma non sono male neppure The Mob Rules, Voodoo, Slippin’ Away, The Sign of the Southern Cross, la semi ballad Falling Off The Edge Of The World e la suggestiva Over And Over.

Live Evil è considerato l’album dal vivo più falso di sempre, a causa dei numerosi ritocchi in studio, ma anche uno dei più belli, malgrado, a mio giudizio, perda la sfida con il quasi contemporaneo Live At Last, il bootleg di vecchi concerti con Ozzy alla voce. Proprio i ritocchi in fase di mixaggio di Live Evil hanno fatto nascere contrasti tra Iommi e Dio, con quest’ultimo che se n’è andato per creare una propria formazione, trascinando nell’avventura anche Appice.

Nel 1983 è tornato a sedersi dietro le pelli Bill Ward e alla voce è arrivato nientemeno che Ian Gillan (la legenda narra che Toni Iommi ha fatto firmare un contratto a Gillan mentre questi era totalmente ubriaco in un pub). Con l’ex singer dei rivali Deep Purple, i Sabbath hanno registrato Born Again. Il disco è più potente rispetto a quelli con Dio e ha come punti di forza la violenta Trashed, Born Again e Disturbing the Priest, con la risata satanica di Gillan che è entrata nella storia.

Dopo l’uscita dell’album Ward è stato ancora una volta sostituito, questa volta dall’ex Electric Light Orchestra Bev Bevan. Il gruppo è partito per una mastodontica tournée, con scenografie ispirate a Stonehenge, ma l’innesto di Gillan non ha convinto i fans e il cantante se n’è andato per riformare i Purple.

Nel 1985 la formazione originale dei Black Sabbath si è riunita per esibirsi al Live Aid, ma chi sperava nella definita reunion è stato disilluso. È apparso quindi un nuovo cantante, David Donato (futuro White Tiger), presto licenziato, mentre Geezer Butler ha lasciato.

Tony Iommi era così rimasto solo e l’album Seventh Star, anche se porta la sigla Black Sabbath, è praticamente un lavoro solista del chitarrista. Si tratta comunque di un buon disco di Heavy Rock con forti tinte di blues, dove eccelle il cantante Glenn Hughes, già con i Deep Purple. Tanto bello quanto inusuale per i Sabbath è il blues Heart Like A Wheel. Da citare anche l’opening track In For The Kill e la ballad No Stranger to Love, molto sentimentale, ma che vedrei meglio nel repertorio dei Whitesnake. Il disco però, nonostante l’ottima performance di Hughes, non ha venduto come sperato, e il gruppo era sempre più offuscato dal successo solista del suo ex cantante Ozzy Osbourne.

Nel 1987 è uscito The Eternal Idol, definito il miglior disco dei Sabbath dai tempi di Heaven And Hell. Il cantante avrebbe dovuto essere il newyorchese Ray Gillen, ma alla fine le parti vocali sono state affidate all’ottimo Tony Martin, vocalist dal timbro simile a quello di Ronnie Dio. The Shining, la dura Lost Forever, l’epica Ancient Warrior, Nightmare, sino alla funerea title track, che rivanga il passato, sono tutti pezzi di pregevole fattura. Da rilevare il ritorno alla batteria di Bev Bevan che già aveva fatto parte dei Sabbath nel 1983.

Tony Martin

Iommi e Martin, con l’aiuto del batterista Cozy Powell, ex Rainbow e Whitesnake, si sono ripetuti anche nel 1989 con l’ottimo Headless Cross, e nel 1990 con Tyr. Il primo segue le orme di The Eternal Idol, ma ripresenta liriche più occulte, tipiche degli esordi. La title track, con la sua suggestiva intro dal titolo The Gates Of Hell, Black Moon, Call of the Wild  e Nightwind sono i brani più belli, anche se il titolo di numero uno, secondo me, va attribuito al doom metal di When Death Calls, che ospita la chitarra di Brian May dei Queen.

Tyr è stato registrato con la medesima formazione del precedente, tranne per la presenza al basso di Neil Murray, altro ex Whitesnake, al posto di Laurence Cottle. All’inizio il lavoro doveva essere un concept album dedicato all’antica religione norrena, come dimostra il titolo stesso (Tyr era il dio della guerra dei vichinghi), ma successivamente si è cambiato rotta. A testimonianza dell’antica idea vi sono tre canzoni: la strumentale The Battle of Tyr, la ballata acustica Odin’s Court e Valhalla. Molto belle sono The Sabbath Stones e l’opening track Anno Mundi (The Vision).

Malgrado le vendite dei due dischi siano state buone, Iommi ha deciso a quel punto di ricostituire la line-up che aveva lavorato in Heaven And Hell, con Ronnie Dio alla voce, Geezer Butler al basso e Vinny Appice dietro le pelli, supportati da Geoff Nicholls alle tastiere. Da questa reunion è nato Dehumanizer, un album molto heavy che ha riscosso ottimi consensi, sia di critica sia di pubblico, grazie a pezzi quali After All (The Dead), Master Of Insanity, Time Machine, Computer God e TV Crimes.

Divergenze di opinioni tra Iommi e Dio hanno fatto sì che quest’ultimo abbandonasse i compagni nel bel mezzo del tour che è seguito il disco. Per terminare le date il leader dei Black Sabbath ha chiamato nientemeno che Rob Halford, storico singer dei Judas Priest. Per quanto riguarda il lavoro seguente, invece, il microfono è stato affidato ancora a Tony Martin, mentre al posto di Appice, che fedele a Ronnie lo ha seguito ancora nei Dio, è arrivato Bobby Rondinelli, già drummer dei Rainbow. Così, nel 1994 è approdato nei negozi il mediocre Cross Purposes, che musicalmente segue la strada tracciata dal predecessore e regala nel brano Evil Eye la presenza di Eddie Van Halen.

Il disco seguente, Forbidden, ha visto ritrovarsi in studio la stessa formazione di Tyr, con Powell e Murray. Purtroppo le vendite sono state scarse, come non accadeva dai tempi di Seventh Star, dieci anni prima. Nel brano d’apertura Illusion Of Power è presente il rapper Tracy Morrow, in arte Ice-T. Le mie canzoni preferite restano comunque Kiss Of Death e Rusty Angels.

Nel 1997 Iommi, Butler e Ward si sono ritrovati sul palco dell’Ozzfest (festival metal organizzato da Ozzy Osbourne) per suonare i loro classici insieme alo stesso Ozzy. Da questo incontro è nato il doppio live Reunion, dove campeggiano due nuovi brani quali Psycho Man e Selling My Soul. Purtroppo, chi sperava nella definitiva riunione dei primi quattro Black Sabbath è rimasto ancora una volta deluso.

Nel 2006, dopo che la band era stata introdotta nella Rock’N’Roll Hall Of Fame, Dio è tornato alla corte di Iommi. Con Butler e Ward si era praticamente ricostituita la formazione di Heaven And Hell. Il gruppo, però, non ha potuto usare la sigla Black Sabbath per questioni legate ai diritti, perciò si è battezzata proprio Heaven And Hell. Con questo nome i quattro sono partiti per una tounrée, al termine della quale Ward ha lasciato, sostituito dal solito Appice.

Nel 2009 è stato rilasciato il disco The Devil You Know, sempre a nome Heaven And Hell. L’album è stato accolto in maniera piuttosto positiva, tant’è che qualcuno lo ha descritto come “il corrispondente del secondo millennio di Paranoid.” Qualcun altro, invece, ha detto che il lavoro è meglio di Dehumanizer, ma non di Heaven And Hell e Mob Rules, ovvero gli altri LP dei Sabbath con Dio. A me piace molto, soprattutto brani quali Bible Black, Breaking Into Heaven, Atom And Evil e Follow The Tears.

Purtroppo il disco non ha avuto un seguito. Come ben sappiamo, il 16 maggio 2010 Ronnie Dio è stato sconfitto da un cancro allo stomaco e ci ha lasciato. Il 24 luglio dello stesso anno gli Heaven And Hell si sono esibiti per l’ultima volta al High Voltage Festival, per rendere omaggio al compagno scomparso. Alla voce, come ospiti, si sono intercambiati Glenn Hughes e il norvegese Jorn Lande.

L’’anno appena passato Iommi ha rivelato che la formazione originale dei Sabbath, Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward, si è riunita per incidere un nuovo disco che dovrebbe vedere la luce in questo 2012. A esso seguirà un tour mondiale, con la band che arriverà anche in Italia come headliner al Gods Of Metal, che si terrà a Rho il 24 giugno (MI), in compagnia di Opeth, Lamb Of God, Trivium e altri ancora. La prevendita dei biglietti è già iniziata. Inutile dire che sarà un evento da non perdere.

In conclusione, torniamo a ribadire quello che già è stato scritto all’inizio: i Black Sabbath sono stati tra i primi gruppi heavy metal della storia e hanno contribuito notevolmente al suo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda quel sottogenere caratterizzato da un sound cupo e lento chiamato doom. Anche i gruppi grunge, in gran forma negli anni ’90, devono parecchio alla band di Birmingham. Tutto questo per dire che il gruppo di Toni Iommi è senza dubbio tra i pilastri più importanti della musica (e non parlo solo di quella dura) e senza di loro, molto probabilmente, l’heavy metal non sarebbe lo stesso.

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