Pubblicato in: Pop, Rock e Punk

Bon Jovi. Gli esordi del bello del rock

di Roberto Vanazzi 22 marzo 2012
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Eredi legittimi, ma più aggressivi, di gruppi quali Journey e Foreigner, Jon Bon Jovi e la sua band sono stati, e probabilmente lo sono ancora, uno dei maggiori fenomeni del rock commerciale. Il vistoso consenso di pubblico ha gratificato un gruppo che ha saputo esprimere una miscela di rock energico e vena melodica, proponendosi come punto di riferimento per i cultori di quel tipico di rock radiofonico statunitense chiamato pop metal.

Figlio di un immigrato da Sciacca (Agrigento) e di una coniglietta di playboy, John Francis Bongiovi Jr. è nato il 2 marzo 1962 a Perth Amboy, Contea di Middlesex nel New Jersey, a soli 35 chilometri da Freehold, città natale di Bruce Springsteen.

A 7 anni Jon ha ricevuto in regalo la sua prima chitarra e a 13 ha fondato una band chiamata prima Starz e poi Raze. A 16 anni, invece, il ragazzo ha creato gli Atlantic City Express, che proponevano un sound influenzato dagli Asbury Jukes di Southside Johnny, uno dei suoi idoli. Con lui c’era il tastierista David Bryan, che aveva frequentato la stessa scuola.

Per entrare in contatto con i circuiti musicali più importanti, il ventenne Jon si è trasferito a New York, dove si è offerto di lavorare come ragazzo delle pulizie presso i Power Plant Studios. Essendo di proprietà di suo cugino Tony, tra una spolverata e l’altra il nostro eroe è riuscito anche a incidere alcuni demo tape. Nel 1983 uno di questi brani, Runaway, è stato incluso in una compilation radiofonica di talenti locali, dove ha ottenuto notevoli consensi, nonché l’interesse del manager dei Mötley Crüe. Con lui hanno suonato strumentisti occasionali del calibro di Dave Sabo, futuro Skid Row, e del tastierista della E Street Band Roy Bittan.

Le basi di quelli che sarebbero diventati i Bon Jovi sono state gettate poco tempo dopo in un locale di Chicago, dove Jon ha incontrato il bassista Alec John Such e il drummer Tico Torres. Poco dopo si è aggiunto l’amico David Bryan, che ha portato con se il chitarrista Richie Sambora, il quale ha rinunciato ad esibirsi con Joe Cocker per tentare questa avventura.

Nel 1984 è stato pubblicato l’album d’esordio, dal semplice titolo di Bon Jovi, stuzzicante esempio di rock orecchiabile. Il lavoro ha venduto oltre 2 milioni di copie solo negli Stati Uniti, dove il gruppo si è anche segnalato per un buon tour con gli ZZ Top. Il brano di punta del disco è, naturalmente, Runaway. Quindi ci sono Breakout, con quel coretto “Uo Ooooooo” che dal vivo va che è una meraviglia, la sbarazzina She Don’t Know Me e la dura Burning For Love.

Caso strano, il sound radiofonico dei Bon Jovi ha colpito anche il pubblico inglese, solitamente allergico a quel tipo di musica, il quale ne ha assaggiato la consistenza in un trionfale concerto alla Wembley Arena.

Nel 1985 la band ha duplicato con 7800° Fahrenheit, album con un taglio nettamente più hard rispetto il predecessore, del quale, però, ha venduto molto meno. Nel lavoro svettano Only Lonely, la corale opening track In and Out of Love, The Hardest Part In The Night e la semi ballad Silent Night, a mio parere la più bella canzone del disco.

Il gruppo a quel punto ha ricevuto l’invito per partecipare al famoso Festival di Donington.

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