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DAVID BOWIE, il duca bianco del rock

di Roberto Sonego 12 novembre 2010
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David Robert Jones, in arte David Bowie è nato a Brixton, Inghilterrra, l’8 gennaio del 1947. Come definirlo è un’impresa a dir poco ardua. Parafrasando una pubblicità direi che Bowie è stato “di tutto e di più“. Rocker, trasformista, attore ed il tutto portato a livelli che sfiorano la perfezione. Dopo la creazione di alcuni gruppi musicali più o meno improvvisati, nel 1967 venne pubblicato il primo lavoro intitolato semplicemente David Bowie. Lo stesso anno ebbe inizio, parallelamente, anche la sua carriera cinematografica con un cortometraggio, però, di poco conto.

L’anno successivo, il 1968, Bowie compose alcune versioni di Space Oddity per portarle in giro per l’Europa nei vari programmi televisivi tra i quali da citare il famoso Top of the Pops. Visto il successo del brano, nel 1969 completò il suo secondo lavoro con il titolo, per l’appunto, di Space Oddity.

Questo è il periodo di Bowie denominato “ground control to Major Tom” frase estrapolata, appunto, da Space Oddity; l’album e la canzone a tutt’ora rimarranno nella storia della musica di tutti i tempi.  In questo periodo Bowie scopre e si innamora della gestualità del mimo britannic0 Lindsay Kemp che lo porterà con gli anni non solo a rivedere il proprio look ma a “trasformare” sè stesso e il proprio modo di porsi e proporsi agli altri.

Ed è proprio con tali presupposti che nasce il nuovo personaggio, il controverso e meraviglioso Ziggy Stardust (letteralmente “polvere di stelle”) che segnerà la prima metà della carriera del cantautore britannico. Per evidenziare il periodo “spaziale” i musicisti che accompagneranno da lì in avanti Bowie, ops, scusate, Ziggy, si faranno chiamare The Spiders from Mars. Sotto lo pseudonimo, appunto, di Ziggy Stardust and the Spiders from Mars verranno pubblicati quelli che, secondo me e secondo molta parte della critica di quegli anni, sono i più bei lavori dell’artista britannico ovvero: nel 1970 “the man who sold the world“, nel 1971 “hunky dory“, nel 1972 “the rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars“, nel 1973 “aladdin sane” e nel 1974 “diamond dogs” album che conteneva solo alcune tracce del personaggio che, effettivamente, fece da trampolino di lancio per Bowie verso una fama e un apprezzamento riconosciuti a livelli planetari. Mi permetto di segnalare una versione recente di “the man who sold the world” eseguita dai Nirvana del rimpianto Kurt Cobain: bellissima!

L’uscita di Diamond Dogs nel 1974 è l’occasione, per Bowie, per una nuova metamorfosi. Dall’ambiguo  Ziggy Stardust a una creatura più cupa, tenebrosa e senza tutto il trucco e le paillettes che avevano contraddistinto la vita artistica di Stardust.

L’uscita, nel 1975 di Young Americans vide una svolta di Bowie anche artistica con melodie più prettamente black e soul; esempio ne fu Fame composta a quattro mani con l’ausilio di John Lennon. Serve dirlo? Successo strepitoso culminato dal quinto disco d’oro dell’artista. Nello stesso anno Bowie, come protagonista, recitò nel film di Nicholas Roeg “l’uomo che cadde sulla terra” a giudizio di chi vi scrive il suo miglior film da attore.

La vera nascita di Bowie “duca bianco” iniziò con la pubblicazione, nel 1976 di Station to Station e di un cambio radicale del modo di proporsi nelle esibizioni live dell’artista britannico; la scenografia del palco era praticamente inesistente, solo lui e la band con alle spalle un megaschermo dove veniva proiettato “le chien andalou” di Luis Bunuel. A detta di Bowie era semplicemente la trasposizione sul palco di uno dei suoi peggiori periodi artistici e l’unico momento in cui non gli andava più di sperimentare, di provare e di stupire. Solo e semplice Bowie. Bowie, però, era un pò come il Re Sole; quello che toccava era oro per cui anche questa involuzione motivazionale e artistica ebbe un seguito di fans clamoroso. La gente comunque lo seguiva e comunque lo amava.

Verso la fine degli anni ’70 Bowie si trasferisce a Berlino dove conosce e inizia a collaborare con mostri sacri come Iggy Pop e, soprattutto, Brian Eno col quale scrisse e fece uscire Low, il vero album della svolta per il cantautore britannico.

Ma il vero successo del nuovo stile-pensiero di Bowie fu il successivo Heroes che vide anche il grande Robert Fripp (King Crimson) tra le collaborazioni. Ed in effetti fu un enorme successo culminato con la nomina a “album dell’anno” del 1978. Il successivo Lodger fu il terzo ed ultimo album della trilogia Bowie/Eno e la fine del suo “periodo berlinese”. Periodo dal quale Bowie uscì rigenerato sia dal punto di vista umano ma, soprattutto, dal punto di vista creativo e motivazionale.

Scary Monsters del 1980 segnò il definitivo addio a Berlino. Il fatto che il periodo berlinese fece bene all’artista lo si percepisce ascoltando il brano principale, e più bello dell’album, e uno dei più premiati dalla critica e amati dai fans, quel piccolo gioiello che porta il titolo di Ashes to ashes. Il suo video fu premiato da più parti. Tra il 1980 e il 1981 Bowie raggiunse davvero il top della propria carriera venendo premiato dapprima come artista dell’anno nel 1980 e l’anno successivo come “artista più influente dell’anno” da Melody Maker una delle bibbie per gli appassionati di musica.

Gli anni successivi consacreranno Bowie anche come meraviglioso attore con partecipazioni a film come “Christiane F., noi ragazzi dello zoo di Berlino” (per il quale firmerà anche la colonna sonora) e “Miriam si sveglia a mezzanotte” con al fianco Susan Sarandon. Ma l’interpretazione più toccante e brillante avvenne l’anno successivo accanto al meraviglioso compositore giapponese Ryuichi Sakamoto nel film di Nagisa Oshima “Furyo”. Chi vi scrive rimane ancora stupefatto nel vedere che un grande musicista possa arrivare a toccare vette espressive talmente elevate anche nel cinema.

dal film Furyo (titolo originale Merry Christmas Mr. Lawrence) la celeberrima scena del bacio

Dal punto di vista commerciale il miglior disco di Bowie fu Let’s Dance del 1982 pubblicato dalla major EMI. Per rendere l’idea del successo basti pensare che fu il più grande successo di vendite della EMI dai tempi di “Sergent Pepper Lonely Heart Club Band” dei Beatles! Il pubblico che, però, era ben abituato alle sperimentazioni di Bowie fu spiazzato e fece fatica a riconoscerlo sotto questa nuova veste di musicista di qualità ma marcatamente più commerciale.

E fu proprio per questo motivo che nel 1984 venne pubblicato Tonight, per far capire al suo pubblico che Bowie era questo e a questo Bowie avrebbero dovuto abituarsi. E, manco a dirlo, accadde con primi posti nelle chart di tutto il mondo. Nonostante i ripetuti successi a livello musicale Bowie riusciva, straordinariamente, a conciliare la propria carriera di musicista e di attore mantenendo in entrambi livelli davvero impensabili. Ne furono esempio Absolute Beginners del 1986 (per il quale compose anche la canzone che diede il titolo al film) e Labyrinth di Jim Henson.

Never Let me down del 1987 fu un enorme successo dal punto di vista del tour che raggiunse il tutto esaurito in tutte le date del Glass Spider Tour in tempi da record. Fu proprio, però, quel successo arrivato in maniera così massiccia a far perdere a Bowie contatto con la realtà e con l’entusiasmo per il gusto di far musica. E, se non fosse per l’incontro con Reese Gabrels, suo futuro chitarrista, probabilmente chi vi scrive avrebbe potuto terminare qui il suo articolo e Bowie la sua carriera.

Invece proprio come un Dio anche stavolta Bowie rinacque con la fondazione, assieme appunto a Gabrels, dei Tin Machine con i quali pubblicò nel 1989 Tin Machine con il quale diede l’ennesima svolta. Nauseato dall’eccessiva fama ed abbagliato dalle luci della ribalta Bowie voleva tornare nell’ombra ed essere nè più nè meno che il cantante dei Tin Machine. Con i quali pubblicò Tin Machine 2 e partì con il Sound & Visions Tour.

Nel 1992 partecipa al Freddy Mercury Tribute assieme alla cantante Annie Lennox e nel 1992 sposa Iman, top model somala. Proprio il matrimonio e le emozioni ad esso legate lo spinsero a pubblicare l’anno successivo Black Tie White Noise, inutile dirlo, immediatamente in cima a tutte le charts inglesi. Nel 1993 pubblicò anche The Buddha of Suburbia colonna sonora dell’omonimo film-tv. L’anno successivo tornò a frequentare Brian Eno con il quale allestì la mostra d’arte intitolata “War Child: little pieces from big Stars” a Londra dove venivano raccolti dipinti di artisti come Charlie Watts, Bono, Pete Townshend e Paul McCartney i quali proventi (dal titolo) vennero totalmente devoluti in beneficienza.

Nel settembre del 1995 Bowie, con la pubblicazione di Outside ritorna artisticamente un pò indietro nel tempo interpretando vari personaggi ed ottenendo sempre un ottimo successo anche dalla critica. Sempre con la collaborazione di Brian Eno, nel 1997 invita vari artisti (Robert Smith, Billy Corgan, Lou Reed, Foo Fighters, ecc.) al concerto in onore del cinquantesimo compleanno dell’artista occasione, anche, per pubblicizzare Earthling, nuovo lavoro e nuova svolta ritmica di Bowie.

Nel 1999 esce Hours album per il quale il tour prevede sia date italiane che partecipazioni a trasmissioni in Italia.

Il 2004 segna, purtroppo, l’addio alla musica di Bowie anche in conseguenza di un’operazione al cuore che lo costrinse, appunto, all’addio dalle scene musicali. In ogni caso, a distanza di tanti anni la musica di Ziggy/Bowie continua ad essere attualissima e programmatissima da tutte le radio. Chapeau (“tanto di cappello”), duca bianco…….

Il sito ufficiale di David Bowie

Il fans club italiano di David Bowie

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