Pubblicato in: Pop

Il coinvolgente british-pop dei COLDPLAY

di Roberto Sonego 9 novembre 2011
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Quando un gruppo fa buona musica, piace. Magari non piace proprio a tutti, ma il valore della buona musica e della passione di chi si impegna per trasmetterla è riconosciuto da tutti. I Coldplay amano ciò che fanno e questo si sente nei loro lavori.

Ascoltare la loro musica mi dà gioia in senso assoluto. Nella loro musica c’è dentro la passione per qualcosa che è più di un lavoro: un divertimento, un piacere, una voglia di trasmettere sensazioni positive.

…viene davvero voglia di urlare: “che bella la vita!”

I Coldplay sono un quartetto che è rimasto tale dall’inizio: questo è senza dubbio un punto di forza, quasi una garanzia di durata nel tempo. Chris Martin alla voce, pianoforte e chitarra, Will Champion alla batteria, Guy Berryman al basso, Johnny Buckland alla chitarra partono davvero dal basso.

Nati in Gran Bretagna da famiglie operaie cominciarono la loro avventura insieme con un incontenibile desiderio di suonare ovunque ce ne fosse la possibilità. Brothers and Sisters fu il primo singolo pubblicato nel 1998, primo successo della carriera di un gruppo che ha davvero bruciato le tappe sulla via del successo.

La casa discografica Parlophone fu la prima ad accorgersi di loro e a metterli sotto contratto. Il gruppo fu coinvolto in ogni aspetto del loro primo album: tutto ciò che ruotava intorno all’artwork e ai videoclip dei brani fu contagiato dal loro entusiasmo.

Parachutes fu il primo lp e, manco a dirlo, fu subito successo. Ma siccome il mondo della musica raramente premia coloro che hanno qualità, inventiva, entusiasmo, ad accompagnare il gruppo non fu solo il successo, ma anche le malignità che l’invidia si portava dietro. A molti non andava giù che gli ultimi arrivati stessero godendo dei favori di pubblico e critica da subito.

La preoccupazione del gruppo per l’approccio con il mercato d’oltreoceano si rivelò assolutamente infondata e, anzi, fece esplodere il gruppo in maniera veramente clamorosa anche negli Usa. Un successo così improvviso, però, portò stress e frizioni tra i componenti dei Coldplay e costrinse Chris Martin a una pausa per non perdere definitivamente la voce.

Da Parachutes la canzone Yellow fece subito capire di cosa erano capaci Coldplay e valse loro la consacrazione a miglior band dell’anno.

La forza dell’album più che in tanti altri loro prodotti successivi fu proprio l’essenzialità della musica e il perfetto adattamento della meravigliosa voce di Chris Martin a ogni brano. Non uno strumento fuori posto, non un accordo superfluo, un gioco di sottrazione che fa di Parachutes un caso raro di primo lavoro davvero maturo per la ribalta.

A Rush of Blood to the Head, l’album successivo, datato 2002 ebbe l’ingrato compito di replicare a cotanto successo. Strano a dirsi, ma ci riuscì in pieno dal momento che all’essenzialità i Coldplay unirono una maggior cura nei dettagli.

In My Place, The Scientist e Clocks fu un terzetto di brani che sbaragliò qualunque concorrenza facendo man bassa di premi e scatenando la Coldplay-mania ovunque nel Mondo.

Mi scuso per la massiccia presenza di video in questo articolo, ma credo sia importante che possiate sentire adesso la poesia delle canzoni di questo gruppo, proprio mentre vi racconto le emozioni che mi trasmettono.

A detta di molti i Coldplay sono una delle migliori band dal vivo. E gli stadi continuamente pieni non mentono! Il tour promozionale che seguì la pubblicazione del disco fu massacrante per la band. Fece seguito il primo live album, datato 2003. Una meritatissima pausa di un paio d’anni precede, nel 2005, la pubblicazione di x&y, il successivo lavoro del gruppo.

Sebbene non rimanga negli annali dei Coldplay come un disco fantasmagorico (nè dal punto di vista musicale, nè di scrittura di testi), si fece notare per canzoni come la dolcissima Fix You e la coinvolgente Talk. Il video della stessa Talk fece capire, in ogni caso, il segreto dei Coldplay: fare musica strepitosamente bella senza prendersi troppo sul serio.

Ed eccoci finalmente al momento che tanto aspettavo. Non tutti potrebbero essere d’accordo con me, ma sono fermamente convinto che il successivo album, Viva la Vida, prodotto da Brian Eno fu qualcosa di veramente straordinario: melodie irripetibili e una serie di brani che sfiorano la perfezione, sia stilistica che emozionale.

Ne è un esempio la bellissima Life in Technicolor. Il video della canzone fa tenerezza: in certi momenti fa riemergere la voglia sopita di tornare bambini e di non prendere sempre tutto così maledettamente sul serio…

Quante volte ho ascoltato questo brano e quanto ancora lo ascolterò provando sempre le stesse emozioni della prima volta!

Purtroppo però l’industria musicale è impietosa e i nostri amici non faranno nemmeno a tempo a crogiolarsi nei milioni di fans in delirio e dei milioni di copie vendute per quest’ultimo lavoro che, come una cambiale in scadenza, arriverà la richiesta della Parlophone per un nuovo album.

Mylo Xyloto è il titolo appunto del loro ultimo album. Nostante l’adeguarsi del gruppo ai tempi elettronici del pop, i Coldplay sono ancora capaci di sorprendere come in Paradise e in Every Teardrop is a Waterfall.

   

La mia speranza è che certe sensazioni, testi come questi, una voce strepitosa come quella di Martin possano continuare ancora a lungo e con la stessa intensità a far emozionare me e tutti gli altri appassionati di buona musica, in tutte le sfumature che sono capaci di produrre, dal groppo in gola all’esplosione di gioia assoluta.


 

 

Il sito ufficiale dei Coldplay

Il sito italiano dei Coldplay

 

 

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2 risposte a “Il coinvolgente british-pop dei COLDPLAY”

  1. Gbø ha detto:

    Concordo negli elogi rivolti al passato. Ma gli ultimi due anni segnano un declino evidente di Chris Martin e soci. Pietosi scimmiottamenti del pop becero di questi anni fatti da un gruppo che di cose belle ne ha fatte eccome. Paradise, in particolare è un pezzo che anticipa i cori da stadio che i fan intoneranno ai concerti (operazione molto pacchiana e spocchiosa) e li mischia con un beat che ricorda boy band del “calibro” (si fa per dire) dei Backstreet Boys. Rimane un forte amaro in bocca. Peccato.

  2. Roberto Sonego ha detto:

    Vedi il bello dello scrivere questi articoli? Che tutti alla fine ragionano come te. Magari non ne escono gli stessi risultati però è così. Tu come me ragioni a livello emozionale e ciò che ne esce è la conseguenza di quello che ti fa provare l’ascolto. E’ giustissimo che se tu, dall’ascolto di Mylo Xyloto, ne esci senza emozioni ne concludi che è una porcata. Cosa vuoi, d’altronde, è giusto che se io riesco ancora ad emozionarmi nel 2011 all’ultimo album dei Nostri ne parli positivamente. E non vuol dire nulla se io ne scrivo positivamente. Non è che se io scrivo che un album è bello sia per forza bello. Assolutamente no! E’ solo la mia espressione della quale voglio far partecipi coloro che leggono. Anzi, è più stimolante leggere qualcuno che come te mi scrive il contrario. Ti ringrazio di cuore. Roby